398 altamente i nuovi destini della umanità, e se, dedicatosi a quei grandi principii apparsi siccome folgore ai troni, ebbe sospesa sul capo la mannaia, nel 1820 fu invece membro del Parlamento, ove trionfàlor della forza si alzò sublime per le idee e la eloquenza, e gitlò in faccia alla tirannide la sua memoranda protesta. Frattanto il giovanetto Alessandro di nobilissimi istinti, educato al grande esempio del padre, fervido di speranze e di forte sentire, consacrava tutto sé stesso all’Italia. E qui si pensi, o signori, che se lioi Italiani del 22 marzo, insorti come un solo uomo a fiaccare l’arroganza austriaca e inalberare Io stendardo della nazionale indipendenza, meritiamo essere stimali veramente sinceri Italiani, quantunque uomini liberali da pochi giorni, di quanta ammirazione e riconoscenza non si dovrà proseguire chi fino dalla prima gioventù dava sè slesso all’Italia, e con eroica religione di eterni principii esponeva la vita e le sostanze per essa? Alessandro Poerio di soli 18 anni seguiva milite volontario il magnanimo generale Guglielmo Pepe, comandante in capo Fesercito napoletano sotlo il vessillo della italiana libertà, e giunto a Rieti, s’incontrava nelle faccie dei nostri oppressori; — a quel Rieti ove piangono tuttora i nostri destini, ed ove quel medesimo generale, che è qui in mezzo di noi, e a cui tanto deve Venezia e tutta la nostra travagliala penisola, capitanava schiere incomposte, insidiate, non tutte ferme, non tutte leali, e forse non ancora mature al sacro riscatto. Infatti prevalse il dispotismo, e ben tosto dei nomi insigni per intelligenza e per cuore furono segnali sulle tavole della proscrizione. Amore di figlio mosse il giovanetto Alessandro a seguire il padre sbandito dalla patria, nè lo prostrava l’esiglio, chè anzi per quello senti nuovi impulsi ad amare più fortemente l’Italia, giacché egli intendendo essere dovere d’ogni cittadino in qualunque luogo e posizione si trovi coadiuvare la libertà e l’indipendenza della comune patria, non fece che attendere a questa grande opera, a cui lo chiamavano il genio e le virtù civili, e non cessò di serbare in segreto quel fuoco che ei presentiva e credeva si sarebbe sparso ancora sull’adorata sua terra. Se non che parea provvidenza che le sorti del Poerio fossero indivise da quelle del suo amatissimo generale per mezzo di una indeclinabile stima e ferina corrispondenza delle più pure e leali affezioni, onde cosi fosse opposta una solenne mentita alle velenose insinuazioni dei rettili maligni. Ma oh Dio! e perchè ci fosti tolto, o prode Italiano, nel momento il più solenne e tremendo delle nostre libertà? Tu che fosti pure compagno al Pepe, quand’ei con ogni genere di sacrifizii nel 4831., approntali a sue spese e a proprie cure armi ed armati a sostenere la riscossa libertà delle legazioni, era trattenuto a forza sui lidi di Marsiglia dalla turpe politica francese di quell’epoca tenebrosa? Surse la stella di marzo, e il nostro Poerio di caldissimo amore e di fede incorrotta diè un grido di gioia ed esultò nella sua anima appassionata. Gli onori, i titoli e le diplomatiche rappresentanze non erano per lui, amante l’Italia pel popolo, e non il popolo per l’Italia, e però quando nell’aprile del corrente anno seppe che il generale Pepe aveva avuto il comando dell’esercito napoletano per valicare il Po, gli si offerse a servire da semplice volontario nel suo stato maggiore, ricusando