422 soffio tirile eterne verità? A che varrebbero a noi questa partecipiti«« di luce e di amore (come la chiama s. Tommaso d'Aquino) questi prototipi di vel ila che c’irradiano la mente, e pei quali strappiamo, si può dire, al cielo le scintille ideali e i principi! eterni del bene? Io so die Cristo, alludendo alla eguaglianza sublime dinanzi a Dio, ed alla divina fratellanza del suo vangelo diceva a’suoi seguaci: « voi sapete che i principi delle genti la vogliono fare da padroni sopra di esse, e i loro magnati da polenti; ma così non sarà di voi, perchè chiunque tra voi »ona essere più grande ei non sarà che solo vostro ministro; per que- llo io non \i chiamerò più col nome di servi, ma col uome di amici, perche i servi non sanno loro mai quello che fa il padrone. » (Jtlat. 20. Giù. 15). Con questa coscienza di uomini liberi e intelligenti, i Milanesi «irrompono qual lava di vulcano contro gli oppressori, e raccolti i moni tapi, le membra mutilate e i miseri avanzi dei bambini, vogliono che le reliquie dei loro martiri diventino il grande iniziamento dei destini d’ Italia. Frattanto si grida alla guerra, e i giovani animosi giurano per la guerra. Invano le madri se li stringono al seno e gridano loro, primi che una patria voi aveste una madre; invano le giovani consorti rammentano loro che sono la carne della lor carne e vi avvicinano i figliuoletti che a mani giunte gridano oh ! perchè ci abbandoni, e invano i vecchi padri pel dolor muti vi oppongono la canuta fronte e gli omeri incurvati; che già essi più non hanno sulla terra che una Croce e un vessillo, donde la sostanza e la misura del loro affetto non è che ¡1 bisogno e la grandezza del sagrilizio per una nuova redenzione da acquistarsi coi patimenti, colle angosce e col sangue. E cosi fu! Sulle campagne di Sorio e Montebello due mila crociali delle Venezie, soffrono lame, mancano di munizioni, s’avveggono delle altrui stoltezze patendone essi soli gli effetti, e se un coraggio indomabile ed un* pronta intelligenza non li avesse retti, noi avremmo pianto non sopr* alcuni pochi caduti, ma sopra tutti quei primi campioni di Gedeone, perchè ignari dei luoghi, scoperti d’ogni parte ed esposti alle bocche del cannone nemico. Ma che vale ai generosi le avversità degli uomini e della fortuna? Nella campagna del Piave Veneti, Romani e Napoletani perseguitati da imperversa stagione, laceri, sudicii e per molte ore digiuni reggono n marcie contro marcie continue, passano i giorni e le notti sull’ orlo del fiume Ira la melma fradicia del bosco e contro il vento impetuoso della montagna; e quando a Cornuda con l’esempio di un prode coniaa-danle pugnano da leoni, e già presentono nei polsi e nel cuore Febbre*** d’una prima vittoria, sono invece colpiti dal grido tremendo d’una rifilata, alleso indarno il promesso rinforzo; si che abbandonando a precipizio le alture del colle, trapassati dalle ruote dei carri e dalle ugni dei cavitili, squalleiili e lassi nel corpo ma gagliardi neU’auimo, arrivano all alba nella sfortunata mia patria, ove io iu quella notte raccogliendo all ospitale i feriti e consolando i moribondi vidi io morire di quelli che sotto crudelissimi tagli e fra il guasto delle palle sciamavano viva Pio