408 R.jàsi c il presidente Bonaparte, Francia e Italia .... — tutti anelli della stessa catena; principii e mezzi, cause ed effetti che il despotismo rigon-iiato tonde in una sola catena con cui tenta allacciare l’Europa intera. La giovane Europa democratica, troppo presto incurante, numerò appena i suoi morti nella battaglia e sciamò sovra i suoi grandi caduti: Noi abbiamo vinto, per sempre! — Creduli e illusi; noi non avevamo vinto puranco. La lotta cominciava appena quando si proclamò la vittoria; noi non abbiamo unto: noi ci dibattiamo adesso in una suprema agonia. 0 adesso o mài più! — voi gridaste dalle barricate incrollabili. — 0 adesso o mai più! — tuona oggi l’assolutismo- dal campo riguadagnato giorno per giorno, seminato di cadaveri nostri, dal campo infelice su cui fu premio ai combattenti la morte. • • j Chi dui due tiene fede in quel grido?.... .Noi la teniamo, vivaddio! poiché noi crediamo in un Uomo-Dio ri-generatore sociale, crediamo in una causa nata con l’uomo, in un avvenne del popolo. Noi crediamo, io ripeto; ma troppo spesso alle parole c. alle generose proteste, che c’inspira la fede, falliscono le opere; noi -in¿i abbiamo, confessiamolo una volta, abbiamo troppo credulo in noi stessi, nelle forze nostre divise e solitarie; noi ci siamo delti concordi tutti e tulli fratelli, iti nome del comune vangelo, e uon fummo nè concordi, nè fratelli; abbiamo troppo credulo ai vili che non perdonano mai, e abbiamo troppo gridato per gli uomini quando non dovevamo che propugnare l’idea. E il facile presente ci rese dimentichi del duro passalo e del giuramento comune; il presente ci rese incuranti di quell’indomani che pure ci avevamo promesso si splendido, ci rese incuranti i!eli: avvenire comune. Confessiamolo, o democratici d’ogni paese, o superstiti alle stragi dei despoti e all’.iuonorata morie dell’anima, che a tanti venne coi disinganni recenti, confessiamolo una volta perla memoria dei martiri nostri. Dio ci aveva assegnata una grande giornata e noi ne abbiamo fatto misero sciupamento, Ira canti e bestemmie, fra dissidii e paure, fra iattanze e calunnie. — In nome di Dio noi ci eravamo, dal sonno di tanti secoli, ridestati fratelli; e, ridestati, non fummo fratelli ; Dio ci avea dato l’oggi per operare e rifarci, noi lo abbiamo sprecato inoperosi per attendere un indomani non maturato du noi. L’oggi era nostro e integro, noi lo abbiamo tagliuzzalo in questioni pusille e Io consegnammo cosi in mano dei nostri nemici .... Per chi sarà l’indomani? .... Dessi non credono, i nostri nemici. I nemici del popolo sanno che nò baionette nè cannoni potino schiantare l’idea; sanno che sul limite della loro strada sventola una negra bandiera, o giganteggia il patibolo di Luigi XVI. Sanno che bombe e riforme mal si accordano insieme, mentre cou tutte e due queste armi liberticide tentano fulminare ed uccidere; sanno che il loro regno dura finché dura l’ignoranza, che nou può essere eterna nel inondo, il pregiudizio, eh’è retaggio di uua casta, l’egoismo, che non è pietra angolare degli umani destini. Sanno che il vincitore si mesce, a lungo andare, si assimila o si accomuna col vinto; che il popolo, egli solo, ha i veri diritti della grazia di Dio eh’essi