66 avevamo prevedati e pesati: anche noi avevamo temuto d’essere costretti a combattere la guerra su questo territorio, d’ essere vinti in campale giornata, d’essere forzali a ritirarci; ma quando ci agitavano questi timori, noi dicevamo: É guerra d’indipendenza, guerra nazionale quella che noi ci apprestiamo a combattere. Vinti sul Ticino o sul Po, noi potremo pur sempre ripararci lungo gli scaglioni degli Appennini, e proietti da quei due baluardi non facilmente espugnabili d’Alessandria e di Genova, ci rifaremo di forza e prolungheremo la difesa, tanto che la fortuna si stanchi di avversare il diritto, e lo straniero impari come riesca e si molliplichi l’energia di un popolo, che combatte sulla terra dei suoi padri per tutto quello che ha di più caro e di più santo. Ma, se avevamo preveduto il caso di una sconfitta, non avevamo però preveduto, nè potevamo prevedere, dopo un primo sceutro, l'indisciplina e lo scompiglio di tanta parte dell’ esercito, il quale non avrebbe per 'certo mancato a sè medesimo ed alle speranze della nazione, se il disordine non fosse stato di lunga mano preparato dal tradimento. Ci attrista il buttar in mezzo al paese questa parola dissolvente, il cui tetro suono, che s’appropria i più confusi rumori e se n’ingrossa, propagasi lontano nell’avvenire; ci sanguina a pronunciarla il nostro cuore di cittadini e d’italiani. Ma, rappresentanti del popolo, abbiamo obbligo di fare sagrilìcio alla salute dei popolo d’ ogni nostro sentimento, in un tempo che la salute del popolo esige che gli sia detta intiera la verità. Sì, opera di tradimento fu lo scompiglio di tanta parte del nostro esercito. I disordini si gravi, che gli tennero dietro, ne danno le prove più manifeste. Come, intatti, si potrebbe altrimenti spiegare il tramutarsi improvviso di un esercito, che nella precedente campagna aveva colte tante lodi d’intrepidezza e di pazienza, e che alle popolazioni fra cui aveva avute le stanze sì belle memorie, avea lasciato della sua costante disciplina, della bontà sua ne’famigliali consorzii? Come si potrebbe spiegare un così subitaneo e fatale pervertimento, a petto delle eroiche prove di alcuni corpi, che non vennero punto meno all’ aspettazione ? Come del pari spiegar si potrebbe che soldati, avvezzi ad una riverente deferenza verso i proprii capi, al rispetto delle proprietà, educati a tutti i prin-cipii della religione militare, si rizzassero ribelli sul campo di battaglia agli ordini de’loro ufficiali, indocili alla loro voce e ai loro esempi, e sul suolo della patria si convertissero in turbe di predatori e saccomanni! Tramutamenti silFalti non succedono in un attimo, nè ponno attribuirsi a veruna di quelle cagioni, che per consueto si dicono esercitare maggiore influenza sulle soldatesche. Le considerazioni più semplici sull’ umana natura, sull’indole del soldato, sulla particolare indole del nostro, conducono a cercar l’origine di tali dolorosi fatti assai lontano dal teatro, in cui avvennero. Ma, per trovarla, conviene tener conto di molti altri fatti, che si presentano aneli’ essi ravvolti nelle tenebre del mistero. Noi non parleremo qui del come sia accaduto che la divisione lombarda, la quale voleva e doveva presentarsi a’ primi scontri col nemico, non siasi trovata al poito che le era stato assegnato: il Generale che la comandava è sotto il peso