474 tardi da tanti illusi in una parola di sventura e di scherno, nella parola fusione. Le speranze del Marzo valsero la fusione nel Maggio e il tradimento in Agosto! — IV. L'intervento e il generale Cavaignac. .........Che se nell’Agosto la Francia fosse intervenuta in Italia, la causa della repubblica in Francia, la causa della democrazia avrebbe vinto definitivamente sui privilegi e sui pregiudizi, i quali, oggi accoppiati insieme in mostruosa lega, sancirono il trionfo di Bonaparte, il ritorno alle vecchie babbuaggini dei Trattati, ai patti vergognosi cou la reazione d’ogni paese, all’indispensabilità finalmente della mediazione pacifica nelle cose d'Italia .... Se la Francia avesse voluto!! .... Se gli uomini che ressero la Francia dal Febbraio in poi, se tutti i ministri, dai tribuni deW Hotel de Ville ai legulei dell 'Hotel des Capu-cines, avessero tenuto vivo nel cuore il sentimento dei doveri che li stringeva alla democrazia vincitrice, alla quale si curvarono, loquaci adulatori, lino a che dessa J'u scala per toccare i portafogli ambiti — se questa gente dalle meschine vedute di anticamera, avesse avuto la coscienza della propria missione, di quella della Patria — .... oh! allora la Francia si apriva il passo fra gli oppressori e gli oppressi, e intimava la pace con la spada alla mano; non era la guerra delle invasioni imperiali, le quali fecero imprecare alla Francia, che i rivoluzionarii francesi del 4848 avrebbero recato con l’armata dell’Alpi, con le baionette di un popolo, bramoso di moto, assetato di vicende, di gloria militare, com’ è costume al popolo della Francia. Altra era l’opera della Francia veramente dèi moeratica; ma imbastardita da’suoi ministeri a faccie poliedre, dalla borghesia paurosa di perdere i diritti da lei comperali con gli assassini» legali di Luigi Filippo d’Orleans nel 1830, la Francia abbon i dalla guerra. Pure 11011 doveva essere guerra degl’invasori, della forza, della conquista; ma guerra della riabilitazione degli oppressi, dell’idea, della redenzione sociale. E se ciò fosse accaduto, se la Francia avesse osato, chi potrebbe oppormi che l’esito non ne sarebbe stato sicuro, vittorioso, prontissimo? lo esamino questa obbiezione. Ammetto per un istante una Francia che voglia essere iniziatrice al progresso delle libertà dei popoli, una Francia che intenda il senso della propria rivoluzione nel Febbraio, che la confessi non uno sfasciamento politico di vecchi abusi costituzionali, ma un efFelto inevitabile dello svi? luppo delle idee sociali, organizzatrici del mondo ringiovanito, stermi«' natrici delle antiche falangi dei privilegi — una rivoluzione, infine, ntifli politica, ma sociale, non francese, ma umanitaria. Ebbene. Al primo passo della Francia redentrice, le dottrine economiche, da lungo tempo studiate in Alemagna, e di cui la Francia avesse incominciata l’applicazione, avrebbero rianimato quel coraggioso popolo di Vienna che la borghesia ricaccia addietro a colpi di fucile; ma che gH studenti difendono sulle barricate e ammaestrano nei segreti colloqui. Che cosa poteva temere in allora la Francia dalle minaccie dello