492 siero, colla serena franchezza degli alti e della parola. Dovevate procedere colla spada in una mano e col Vangelo ncU’altra , in nome de’ vostri diiilti e della vostra missione, in nome del lungo vostro martirio e della potenza di vita die freme più che altrove in questa sacra terra d'Italia; e procedeste invece col Machiavelli uella destra, cogli Statuti bastardi di re perpetuamente spergiuri nella sinistra. Quelli Statuti, che voi disegnavate di romper più tardi, vi condannavano intanto a subire i raggiri di corti e diplomazie, a servire capi sprezzati o perfidi o inetti, a frenare l’impeto, sospetto ai principi, delle moltitudini, a violare l’indivisibilità della bandiera Italiana e innalzare un lembo all’adorazione, a velare, in nome dell’indipendenza, la statua della Libertà, eh’c il Labaro della vittoria. E voi subiste ad una ad una, fremendo impotenti, combattendo senza prò, tremanti sempre d’insidie che potevate, e non v’attentavate vincere con una parola, tutte quelle fatalità, travolgendovi d’errore in errore, di menzogna in menzogna, dietro a faccendieri politici che vi sviavano con una larva di forza ordinata dall’unica vera invincibile forza, 1’Insurrezione. Però cadeste; e s’anche ora ricomincierete la guerra regia — ricordatevi ciò ch’io, palpitando per ira e per dolore, vi dico — cadrete. IV. Le Nazioni non si rigenerano colla menzogna. Machiavelli, che i falsi profeti di libertà imitano da lungi e profondandone la sapienza, veniva a tempi nei quali chiesa, principato e stranieri avevano spento un’epoca di vita italiana e dopo aver tentato gli estremi pericoli per la patria e subito prigione e tormenti per vedere se pur fosse modo di trarne scintilla d’azione, procedevaj Dio solo sa con quali fraintesi inconfortali dolori, all’anatomia del cadavere, a segnarne le piaghe, a numerari vermi principeschi, cortigianeschi, preteschi che\i s’agitavano dentro, e offeriva quello spettacolo ai posteri migliori eh’ ei presentiva, come i padri Spartani conducevano i giovanetti davanti all’ iloto briaco perchè imparassero a fuggire la vergogna dell’intemperanza. E noi siamo all’alba d’un’epoca, commossi dall’alito della vita novella, e che mai potremo attingere dalle pagine di Machiavelli se non la conoscenza delle tattiche de’ malvagi a sfuggirle e deluderle ? Io dico che i popoli si ritemprano colla virtù, si rigenerano coll’ amore, si fanno grandi e potenti colla religione del Vero, quand’essi possono guardare securi dentro l’occhio delle nazioni e della propria coscienza e dire : la nostra vita è una santa battaglia, la nostra morte è quella dei martiri; dico che la moralità è l’anima delle grandi impresej che l’inganno efficace a corrompere, a smembrare, a inceppare, e buono ai padroni, è impotente a muovere, a produrre, a creare, e riesce fatale ai servi che intendono ad emanciparsi e rifarsi uomini; dico che per quanto s’esamini studiosamente la tradizione storica della umanità, uè un popolo ha conquistato indipendenza e unità di nazione, nè una grande idea s’è incarnata, trionlando, nei fatti, nè un incremento reale di potenza e di libera vita s’ è aggiunto allo sviluppo di una razza mortale per artificii machiavellici o reticenze gesuitiche. E dico che dopo averlo tentato noi abbiamo