4<>9 pendenza e avrei abbracciato il mio più mortale nemico purebe avesse aiutato l’Italia a ricacciar (’Austriaco oltre l’Alpi; era dolore d’uomo educato dalla sventura, che presentiva la delusione, la guerra regia sostituita alla guerra del popolo; l’ambizione irrequieta, impotente di uu individuo all’impeto di sacrifizio dei milioni; l’inettezza d‘una decrepita aristocrizia ai nobili fecondi impulsi dei giovani popolani ; la dillìdeuza , la briga — tutto, fuorché il tradimento — alla fratellanza santissima nell’intento, alla semplice diritta logica dell’insurrezione. E quel fiero presentimento non mi lasciò mai; ond’io m’ebbi a provare l’estremo e il più forte fra tutti i dolori, quello di sentirmi, dopo diciassette anni di esilio, esule sulla terra materna. E nondimeno io giurai allora tacermi e mantenermi, finche \i\esse speranza di buona fede, neutro fra la parte regia e quella de’ miei fratelli repubblicani, per non meritarmi rimprovero — non dagli uomini, che non me ne curo — ma dalla coscienza, d’aver nociuto per credenze e antiveggenze mie individuali alla concordia e alla Patria. Io attenui il mio giuramento, e mi seguirono — lorse fu danno — su quella via i più fra i repubblicani. Oh sò Carlo Alberto avesse avuto, se non virtù, l’ingegno almeno dell’ambizione ! Se gl’inetti che lo seguirono o lo precedevano avessero potuto intendere che la miglior via per ottenere una corona era quella — non di carpirla — ma di vincere e meritarla I Se i moderati, chiamati a reggere in Milano le sorti dell’insurrezione, avessero amalo, se non la libertà, merce arcana per le anime loro, l’indipendenza almeno e la gloria delle terre lombarde, c inteso che la riconoscenza dei generosi si conquista mostrando e ispirando fiducia, e cercato il trionfo del loro signore per le sole vie dell’onore ! Mantenendo inviolalo sino al finir della guerra quel programma di neutralità politica ch’cssi avevano solennemente giurato — stringendosi intorno con vera sentita fede gli uomini di parto diversa — suscitando più sempre, in appoggio e d’ogni intorno all’eser-cito sardo, la guerra del popolo — trattando il re come allealo e non come arbitro supremo della rivoluzione lombarda — sollecitando l'aiuto non dei principi, ma dei popoli di tutta Italia — promovendo con tutti i mezzi la formazione di legioni di volontari scelti — accogliendo, invitando , ad emulazione e pegno di fratellanza , volontari pur dalla Svizzera , dalla Francia, da tutte parli — chiamando con rapidi messi, e collocando giusta il merito quei molti fra gli esuli nostri che avevano militato con onore del nome Italiano nella Spagna, in Grecia, iu America — spingendo^ sollecitamente armata e guidata da essi, la gioventù fin oltre il Tirolo italiano, a rompere in urto le stolte pretese della Confederazione Germanica e erearela necessità della presto o lardi inevitabile guerra europea procacciandosi gli aiuti fraterni di Francia, non al di qua dell’Alpi, ma al di là del Reno — essi avrebbero salvato il paese dagli orrori e dalla vergogna d’una seconda invasione, meritato, quand’anche per le intenzioni non lamentassero, fama tra i posteri d’uomini liberi, e fondato sulla cieca immemore riconoscenza del popolo — non dirò la dinastia, perchè a nessuna forza è dato oggimai fondar dinastie, — ma *1 trono del vagheggialo loro padrone. A noi , se fosse spiaciuto il \i-*erc sotto un governo ineguale ai fati italiani, non sarebbe incresciuto