Abbiamo notato sopra, avere i Veneziani possedute molle terre in llalia, anche quando la penisola era potestà dei barbari, sia che la dominassero conservando il nome loro, sia che i loro capi s’incoronassero d’un serto detto corona d’imperatore romano. Troviamo che i Veneziani aveano possessioni in Italia quando questa infranse il giogo barbarico, e stettero quelle troppe repubbliche, le quali caddero sotto il giogo di molte tirannidi domestiche. Allorché cogli acquisti di Trevigi, delle terre dominate dagli Scaligeri, dai Carraresi, dai Visconti, dai patriarchi di Aquileja crebbe il potere dei nuovi signori, una smania di ampliare i possedimenti privati incolse i mercatanti veneziani. Era quella smania, quel desiderio connaturale d’ ogni mercatante, che guarda come sommo scopo delle sue speculazioni il consolidare ed assicurare i profitti confidandoli alla terra, la quale reca profitti minori, ma più sicuri che quelli del commercio. La qual cosa minorò la circolazione dei capitali nel commercio con gravissimo scapito di questo. Venne poi il momento nel quale il commercio veneziano fu avversato, poi distrutto dai nuovi commerci di altre nazioni. Crebbe allora il desiderio della proprietà territoriale, e indarno si provvide ad infrenarlo con leggi molte e severe. Col cessare il commercio, cessò ai nobili il modo di crescere o formare di nuovo le proprie ricchezze. Chi ne ebbe, ne ebbe ; né vi furono più aditi aperti per acquistarne di nuove. Chi ne ebbe, volle, o vivo o dopo morto, perpetuarle nella sua famiglia. Si cominciò a notare in un libro pubblico il nome dei nobili, che dal momento in cui uscivano dall’ alvo materno acquistavano diritto al governo. La legge dell’anno 1506 istituì il così detto libro d’ oro, confidato alle cure gelose degli avvogadori del comune, nel quale si registravano le nascite dei nobili. E fu quello, a parer nostro, il vero momento nel quale può dirsi costituita l’aristocrazia veneziana. Crebbero le istituzioni dei fedecommessi, delle primogeniture; con severe leggi slaluironsi le regole dei matrimoni per i nobili acciocché restasse intatta la purezza del sangue. Si rispettarono però i privilegi del popolo in questo, che le figlie di coloro eh’ esercitavano le arti liberali e l’arte vetraria potevano sedere fra