<t> 31 ->£>- imperatori tedeschi, le enormi ricchezze, le largizioni alla plebe avessero per conseguenza la perdita dei diritti comuni, e a’ diritti comuni sacrificarono la giustizia. Le case dei Partecipazii e dei Candiani ebbero quasi la slessa sorte, e da quel momento cominciò la gelosia delle comuni franchigie, della independenza nazionale : per conservare la quale più tardi lasciarono prevalere l’aristocrazia, preferendo la signoria di molti a quella di un solo, che fu causa della perdita delle civili franchigie, (piando le città italiane, riscosse dal giogo feudale, ebbero sì corta vita. Pietro Centranigo fu doge dopo Ottone Orseolo, che si cercò riavere, ma i legati spediti a Costantinopoli lo trovarono morto. S’ intruse nel ducato un Domenico Orseolo; l’ebbe per pochi dì; non è noverato nella serie dei dogi. Poscia fu doge Domenico Flabanigo, capo della rivolta contro gli Orseoli ; ed il sapere sotto di lui stanziata la legge, clic nessun doge potesse associare i figli o congiunti al ducato ; il sapere sotto di lui due tribuni stabiliti o consiglieri (1), senza dei quali nulla il doge potesse proporre e deliberare, fa prova dell’ asserzione nostra sulle cause del bando dato all’ Orseolo. Moderata l’autorità ducale, il Flabanigo governi» saviamente ; non perseguitò gli Orseoli, visse in pace e morì tranquillo. Dopo il Flabanigo viene Domenico Contarmi. I re ungheresi soffiavano nei Dalmati, e li condussero a sottrarsi dalla signoria dei Veneziani; fu rimessa, ma ancora non bene stabilita. Il Contarini ebbe regno pacifico; vide sopite le discordie coi patriarchi d’Aquileja. Morto in pace, gli fu sostituito di comune consentimento Domenico Selvo dal popolo, mentre si recava sulla marina detta San Nicoli» di Lido, dove solcasi radunare la concione. Della quale elezione, falla per empito d’ aura popolare, i particolari sono narrati da Domenico Rino, che ne era spettatore. L’ estrema parte d’ Italia era caduta in balìa (lei Normanni ; gente settentrionale ardita, chiamata (pii dai nostri per liberarsi dal dominio greco, per quella solita stoltezza dei padri nel chiamare estranei come liberatori da un giogo, che (i) Muazzo.