<5» 319 •»£>■ pel corso d’ anni cinquanta ; e però il possessore poteva esigere di esserne investito come livellario. Rispetto al vitalizio, disponeva la legge : non potersi fare sopra la vita di più persone unite : doversi sborsare il capitale in danaro effettivo : commisurarsi l’utile o censo secondo l’età della persona, durante la cui vita doveva corrispondersi, essendo permesso fino ai trenta anni 1’ utile del dieci per cento, dai trenta ai sessanta, del dodici, dai sessanta in poi, del quattordici : doversi costituire il censo sopra fondo di rendita equivalente. Con quest’ ultima condizione intendevasi far apparire che la pensione vitalizia non comprendesse un frutto del danaro sborsato, ma fosse un censo o livello infisso sopra determinato fondo fruttifero, censo o livello comperalo pel tempo della vita d’ una data persona con lo sborso di un dato capitale. Onde appunto la legge chiamava il contratto censo vitalizio, e in pratica solevasi chiamare livello vitalizio, dicendosi livellante chi dava il capitale, e livellario chi corrispondeva la pensione, o censo, o livello : dicevasi anche compratore il primo e venditore il secondo, considerando che l’uno comperasse e 1’ altro vendesse il detto censo o livello. Maschera legale, come nel livello affrancabile, mentre, così in questo come in quello, oltre il fondo specialmente vincolalo, solevasi obbligare la totalità dei beni del debitore. Per legge, dopo la morte del padre, i fratelli rimanevano in comunione di beni, che chiamavasi fraterna compagnia : vi rimanevano anche i figliuoli di primo grado de’ fratelli defunti, cioè i cugini, fra essi, o con gli zii che vivessero : durava la comunione fin che fossero fatte le divisioni : da essa erano escluse le sorelle. Entravano nella comunione tutti i beni provenienti dal padre, od acquistali con principio paterno. N’ erano esclusi i castrensi, i quasi castrensi e gli avventizi, comprendendosi in questi anche quanto il padre od altro ascendente avesse lasciato alla specialità d’ un figliuolo od altro discendente. La comproprietà de’ beni comuni spettava a’ fratelli per capi, ed ai figliuoli dì fratelli defunti per ¡stirpi.