<5» 342 *s> Conosciamo pur troppo che questo lavoro, abborracciato e monco, non può dare idea, se non molto imperfetta, delle venete leggi. Ma ci terremmo assai fortunati, se ci fosse riuscito infondere nei lettori, almeno in parte, il nostro intimo convincimento, che la veneta legislazione fosse ai tempi, ai bisogni, ai costumi, ed alle altre condizioni del popolo e del paese, accomodata : fosse retta in generale da uno spirito costante di giustizia, d’ equità, di sollecitudine quasi paterna. Di clic il popolo si mostrava persuaso, ed amava le sue leggi, e i suoi magistrati, e il suo governo. Il reverente amore del popolo per la repubblica, che, caduta, chiamava col dolce nome di nostra cara mare, è in gran parte spiegato dalla bontà della legislazione, e dalla retta amministrazione della giustizia. Ma v’ erano anche altre cagioni, delle quali ci contenteremo rammentar una ad esempio, valendoci delle parole di Pietro Aretino : « Imiti la cle-» menza veneziana, la quale è madre de’ suoi popoli, chi vuole nei » tempi perversi mantenersi la benedizione di Dio e la grazia degli » uomini : un milion d’ oro le costa questo anno il fare che qui si » mangi, e 1’ oglio e la farina è venduta ai poveri un terzo meno » che non la compra la pietà di San Marco (1). » Che i popoli non si governano col solo morso e la frusta, ma eziandio e più con la benevolenza e 1’ affetto. (i) Pietro Aretino, lettera ai priori di Perugia, data di Venezia il 25 d’aprile i54o.