IO mo, e trafitto nel cuore mi presentai a V. Serenità, come in questa sventuratissima occasione, in cui debbo colla mano tremante segnare il presente foglio apportatore della più infausta delle notizie, che recar potessi mai a cognizione di W. EE. Quella Città, del Governo della quale in pubblico nome fui onorato , che volontaria si diede, sono ormai quattro Secoli, sotto il Yeneto Dominio , e che visse tranquilla all’ ombra del più giusto e placido governo, Bergamo non è più sotto gli auspicj fortunati «Iella Repubblica . La più nera violenza , la più prepotente ingiustizia, il più reo tradimento , la sottrasse al dolce Veneto freno per sottopporla ad un giogo, il quale, usurpato il nome seducente di Libertà, é in sostanza quello della schiavitù, e del dispotismo. Questo fatto però per quanco grande , per quanto aspro esser possa, non deveaVV. EE. riuscire del tutto inaspettato ; poiché, come suol accadere de’grandi avvenimenti, che sono preceduti da fatti, che li dispongono , fu così anche in questo . Egli è pur troppo noto a VV. ÉE. che fino da’25 del passato Dicembre , Epoca, nella quale comparvero a quella parte le Truppe Francesi, e ne occuparono la Città, ed il Castello, non vi rimaneva che l’ombra della Sovranità, ed una figura vestita di Pubblica autorità, che ne amministrava un quasi precario languido esercizio. Le avanzate pretese, che si spiegarono in seguito, l’apprensione violenta delle artiglierie , delle pubbliche munizioni da guerra, e dei fucili, le operazioni del Castello, ed il di lai armo, che non ad altro poteva esser diretto, che ad offender la Città , le sparse diffamazioni , le quotidiane minaccie , cose tutte già da me rassegnate a pubblico lume, tutto presagiva lo svilnppo vicino di qualche seria sopravvenienza, come fu quella , che accade 'nella Domenica 11 corrente, e che io in tutte le sue circostanze mi credo in dovere di umiliar a V. Serenità, ed a VV.EE. Nella nattina de’n ben di buon’ora pii venne riferto, che le Truppe Fran- cesi erano in grandissimo movimento, che divise in vari Corpi giravano per la Città , fermandosi tratto tratto sui capi Strada, e rimettendosi poi in ordinata marchia : che alle Porte della Città si erano raddoppiate le Guardie, che quattro Cannoni erano stati strascinati dal Castello alla Piazza, due rivolti verso il Palazzo della Città, e due alla parte opposta , ed un altro alla Porta S. Alessandro contro il Pubblico Palazzo, e che nel Castello si osservava un estraordinario movimento. Ignaro delle cause di tali novità inviai tosto l’abile Capitan Corner al Comandate le Truppe Francesi pef chiedergliene la spiegazione. La rispo-ta quanto franca, altrettanto insidiosa fu , che avendo Egli inrese delle estraor-: dinarie mozioni nelle Venete Truppe, e nella Sbiraglia, che da due notti facevano dell’ insolite .pattuglie si era pur egli trovato nella necessità di prendere delle precauzioni , non sapendo a qual fine fossero dirette , come pure 1’ estraordinaria unione de’ Bombardieri, che in quella mattina doveva seguire, del che anzi mi domandava una dichiarazione ; sembrando a Lui, che tali cose contrarie fossero alla professata amicizia, e neutralità della Repubblica. Io gli feci rispondere, che le Pattuglie notturne, come gli era ben noto , non erano cose nuove, che l’aggiunta di qualche numero di esse, e dei bassi Ministri era voluta per impedire le notturne violenze, e le ruberie, che si andavano moltiplicando, che 1’ unione de’ Bombardieri senza armi, e senza Insegne era metodica, e per 1! unico oggetto di fare le Cariche , che si teneva pubblicamente , ed a Porte aperte, e che mi avrebbe fatto un piacere , se avesse voluto intervenirvi : che però mi lusingavo, che dopo tante ingenue dichiarazioni vorrà Égli ordinare il ritiro delle sue Truppe , ridonare la quiete alla Popolazione, e riposare tranquillo sulla lealtà della Repubblica, e di chi ha l’onore di rappresentarla. Li stessi sentimenti io ripetei ad un suo Aiutante venuto da me in quel momento , il quale anco se ne dimostrò persuaso.