Linea sul Mincio , che impedisca ai Sollevati di aggredir* i Veronesi ; ma quisti, disse, si battono coi Francesi, e ne spargono il sangue, che grida vendetta , e vuol farla ; che già non ricerca più niente, perché ha 8ooco uomini, e vuol dar la Legge, e comincia dall’ordinar quel, chi ha detto, che s’ altro non avevamo potevamo andarcene .• Ma per quanto ne disse, non potendo nè suscitarci, nè avvilirci, ripigliò il Giustinian, cui mal grado il suo modesto dissenso devo io Doni render o-nore: Egli tessè un discorso cosi placido , ragionato, e insinuante , che ebbe forza a fermarlo per qualche tempo , e a procurargli nel dopo pranzo un passeggio di scio nel suo Gabinetto. Ricalcò le cose dette, ma ordinate all’oggetto centra'e delle Commissioni, e soggiunse, che l’integriti degli Stati formava l’esistenza politica de’ Governi , e la salvezza personale de'sudditi il primo dover de’ medesimi. Che questi oggetti sarebbero intieramente sacrificati da un disarmo ind'pendente da sostituzioni di provedimenti. Che quando voleva ri-dur colla mediazione le Città, convenga intanto arrestar le mosse de* sollevati oltre il Mincio, al che avrebbe potuto benissimo servire la proposta linea, ma ce ne dasse un Documento di questo suo impegno a nostro conforto' per recarlo al Senato: che degl’impegni di questo non ne dubitasse , perchè sono impreteribili, e ben diversi ¡Senatori da quel eh’Egli crede: sono uomini puri, fontani da inganni, e da malafede. Che Egli, cht aveva data la Pace all’Imperatore, al Papa, al Re di Napoli , Potenze nemiche della sua, non volesse far la guerra alla Repubblica, e infierire contro di essa, che tanti sacri-fizj, e buona fedi aveva esercitata verso la Francia. Che per la decisione del Senato nel a guetra conT Inghilter-a non" avevamo comm ssioni , ma poteva far'a proporre con altri mezzi. Niente possiamo dir i de’ Prigionieri , perchè non ne siamo commessi, mi è ben facile, che il Senato li rilasci a riguardo di lai, io 3 quando ritornate le Città, non possa più temerli. Mantenendo però egli sempre il tuono imperativo, ed isfuggindo la trattazione, disse, intanto si lascino i detenuti , io sarò a Treviso trarre, o quattro giorni, fore prima di voi, veduta che abbia il Marchese del Gallo ( Ambasciatore di Napoli, che fu il media-tor della pace) e veduto che abbia domani il Campo verso di Bruch. Per non restar così privi di effe to, e per dar luogo a nuovi esperimen'i, vedendolo impaziente di lasciarci, lo pregassimo a darci un altro appuntamento« Ci invitò a pranzo, dopo cui, disse , parleremo. Nelle ore intermedie abbiamo visitato il Commissario Ordinatore Wilmau, inutilmente tentando di condurlo a minorar l’esorbitante requisizion a Porde-non, Conegliano, e Treviso ■' oggetto ingiontoci dalle ossequiate Ducali 18 corrente: abbiamo trattato l’affare col maggior vigore, e speriamo,. che VV. EE. ci dispensino dal ripetere in ora le cose dette; ma e dalle sue voci ufficiose quanto insistenti, e da quelle di Ber-thier, cui ci s;amo nuovamente prodotti, delusorie affatto, ed evasive, abbiamo desunta la certezza che essi fossero intesi delle risoluzioni del Buonaparte. L’incomodissimo pranzo, nel quale furono usate tutte le civiltà alle nostre persone, fu amareggiato da continue ricerche, o derisioni sulla forma, e sull’ epoche del Governo, e le procedurede- f V 'nquisitori di Stato, e i Piombi, e i Molinelli , e il Canal Orfano, e tante altre menzogne, che inventarono, o ricopiarono gli Autori Francesi con parole di disprezzo, ed ingiuria al Governo medesimo . Posson ben credere VV. EE., che abbiamo risposto, come conveniva al cara'tere universalmente acclamato , e riconosciuto di quel Tribunale, difesa, non mai terrore de’buoni , e amato perciò spontaneamente dal popolo .- La Conferenza del dopo pranzo scopi i più ancora di quella della mattina il Buonaparte determinato dal «nti-C c z