*4 pi riconosciuti composti di Truppe Francesi. Erano a quel punto chiuse le Porte, li ponti alzati, e chiuse la Barriere. La Carica ordinò, che fossero osservate le discipline metodiche , che fossero riconosciuti li suddetti Corpi, e da lei introdotti li respettivi Comandanti. Inutile però riuscì ogni avvertenza; giacché il corpo di Cavalleria Francese che dentro laCittà trovavasi, al giunger alle Barriere di quelli di fuori, s’impossessò delle Porte coll'aiuto di alcuni altri degli esterni Francesi, i «juali scalando le mura s’introdussero nella Città, e diedero l’ingresso agli altri. Quindi volarono a disarmare le Guardie, e gli Uffiziali, ad impossessarsi de'Quartieri, ed alloggi Militari, ad occupar la Guardia del Palazzo, e disarmarla, ad ascendere nell’Appartamento della Carica, e furenti, disarmate già le Sentinelle, ad intimar alla Carica stessa con cinque palossi sguainati ed unaPistola al petto, ch’essa era Prigioniera di guerra, disarmandola della Spada . Fu osservato, che colui , che figurava da Capo in quest’azione fosse un Capitano della Truppa Francese, denominato Bettenach, e che unito a lui ibssevi il Capitano GarufT venuto il giorno innanzi: altri due Uffiziali Francesi, non conosciuti, ed un certo Lon-garetti Bergamasco, vestito alla foggia degli Ussari Francesi. Dopo ciò tutti partirono, lasciando la Carica, e gli Uffiziali Veneti Prigionieri sulla parola d’ onore di non sortir dal Palazzo sino a nuovo ordine sotto custodia di Sentinelle Francesi. Si seppe poi, che si portassero .n seguito alla Camera, al Monte, al Fontico, agli OffizJ, alle Cancellerie. In tanto che li Francesi insieme coir uno de' Municipalisti facevano queste visite, arrivò in Carrozza certo Ler-mite emigrato Francese insieme con tre Bergamaschi, Cont. Asperti, Locateli, e Tornirti. Questi si ridussero alla Casa della Città, da dove sortì la voce, ch’era stato deciso, che il Pubblico Rappresentante col di lui Aiutante p Ministero , e Famiglia , dovesse passar net Castello di Bergamo , per ivi servire di ostaggio fin tanto che dalla Dominante fossero rilasciati in libertà li Bresciani , e Bergamaschi , ivi detenuti ; lo che asserivano , era stato loro promesso dalli Rappresentanti de’ suddetti Luoghi . Tal voce aveva sommosso specialmente il Popo- lo, il quale si opponeva con segni non' equivoci, che non avrebbe lasciata eseguire simile determinazione. Alle ore io circa comparvero dinanzi la Carica il suddetto Lermite, gli Uffiziali Francesi, e due delli. suddetti Bergamaschi, cioè Locatelli, e Tomini senza l’intervento d’ alcun Cremasco. La Carica accolse questa visita colla consueta imperturbabilità, e Lermite, che fu il solo, che parlò alla Carica stessa in presenza di tutti gli Uffiziali Veneti prigionieri, che colà si trovavano, dopo di aver fatti sommi elogi al di lei Governo si espresse, ch’era ben noto l’universale affetto de’Cre-maschi verso il proprio Rappresentante, che però non dovesse temer alcun sinistro , qualunque fosse per essere la di lui destinazione: eh’esso amava la Nobiltà Veneta, che gli uomini di merito dovevano essere distinti fra tutti gli altri ; che il Popolo Cremasco voleva esser libero ; che egli Lermite ben lontano*- dal sommovere i Popoli, accorreva per impedire de’mali effetti, e per prestarsi alla tranquilla organizzazione del loro Governo; eh’Egli non immaginava, che la Repubblica di Venezia dovesse perdere la Sovranità, ma che questa poteva essere mantenuta con altre forme, e con alcii diversi rapporti; che in quanto al Pubblico Rappresentante (che trattò sempre con tutti li titoli, e coi modi più rispettosi, ed ossequiosi ) avrebbe avuto nella di lui sinistra combinazione delle dimostrazioni d’affetto; mentre il Popolo Cremasco avrebbe pensato a quanto poteva occorrergli durante la di lui lontananza da Venezia; mentre perdeva un Impiego, e non era al caso, che gliene fosse conferito un altro; che anche riguardo al N. H. Camerlengo si sarebbe riparato ai suoi bisogni.