130 questo Governo, avrebbe potuto salvar li suoi più essenziali rispetti, da tante parti minacciati, ed offesi. Io non aveva voluto, come ho rassegnato nella sopraccennata Lettera, internarmi a conoscer qual natura di sacrifizio si esigesse dall’ Eccellentissimo Senato, né cosa avrebbe con questo potuto ottener« , e ciò perché non mi credeva d’ esser abbastanza autorizzato ad entrar in tal sorta di maneggio. Mi giunse poi la venerata Ducale deH’Eccellentis-simo Senato i corrente, in cui mi si accompagnava la Lettera per ordine dell’Eccellentissimo Senato scritta dall’ Eccellentissimo Procurator Pesaro al Generale Buonaparte, dalla quale risultava, che erano stati dall’autorità Pubblica accordati a quel Generale un mil-lione al mese per sei mesi, se tanto tempo durata fosse la guerra. Il giorno dopo che io aveva presentata a questo Governo la mia Promemoria, ed anche quella Lettera, una di quelle persone , che maneggiano tal natura di affari, c che senza che io la chiamassi era venuta altresì più volte ad eccitarmi ad indur l’Eccellentissimo Senato a far qualche sacrifizio, onde rimetter in calma li suoi Stati, e far terminar in essi le rivoluzioni, mi venne a dire, che la sorte della Repubblica di Venezia da me dipendeva , che come ho riferto nell’ occluso Dispaccio, due Membri del Direttorio erano contro la Rivoluzione ; due la sostenevano, ed il quinto Direttore Barras si teneva indeciso; e che era venuto da me per veder se voleva far un qualche sagrifizio, che in tal caso m’assicurava , che la questione sarebbe stata decisa a favor del mio Governo. Io gli replicai, che non aveva facoltà di cosa alcuna, ma che avrei spedito un Corriere a Venezia. Egli allora mi disse, che bisognava, che mi determinassi sul momento, mentre mi ripeteva, che il Direttore attendeva la mia risposta per decidersi. Conosco, che rassegno cosa , che ben difficilmente VV. EE. si persuaderanno a crederla, ma io non faccio, che con tutta esattezza renderle intese della verità del fatto. Mi trovai molto imbarazzato a tal intimazione, e nel timore, che da me dipendesse il salvar, o il sagrificar la mia Patria, e la Nazione , mi risolsi a domandargli a cosa poteva giungere questo sagrifizio. Egli mi disse, che quel Direttore voleva seicento mila lire Tornesi, e che bisognava darle subito, mentre in caso differente egli avrebbe deciso per la rivoluzione. Dopo molti dibattimenti , ed avergli detto, che io non aveva nè facoltà di accordar tal summa, né possibilità di soddisfarla, né credito bastante per ritrovar il danaro, mi disse, che conveniva, che mi determinassi sul momento, mentre ogni ritardo diveniva pregiudicievole, che riguardo all’esborso del danaro si avrebbe parlato dopo, e che già s’avrebbe potuto accomodarsi col mezzo di Cambiali , da me rilasciate a differenti scadenze ; mentre il danaro non occorreva tutto in una volta. Io mi vidi per tal modo vincolato, o di dover dar la mia parola senza esserne in tal particolar circostanza autorizzato dalla Pubblica autorità, o di rifiutar l’offerta colle minacciatemi conseguenze, e col decisamente render anche in seguito quel > Direttore nemico dell’ Eccellentissimo Senato. La Ducale 27 Agosto decorso mi comanda espressamente di usar di tutti li mezzi possibili onde allontanare qualunque cosa offender potesse li Pubblici riguardi. Sebbene tal precetto non contenga espressa la facoltà d’impiegar il Pubblico danaro, non ostante ella é implicita, se questo si rende nececsa-rio per salvar la P.itria, ed il Governo . Un siffatto riflesso superò la mia ripugnanza, e promisi, che avrei rilasciate delle Cambiali per 1’ indicata summa; ma che io non le avrei segnate, se non mi si accordavano le condizioni, che ho già rassegnate neli’ occluso Dispaccio, cioè, le Città ribellate tornassero sotto il Governo Veneto, fossero rimessi li Podestà Veneti, disarmati li faziosi, proibita determinatamente ogni ingerenza de’Francesi, e così pure accordata i’evacua- X