- ancor restava ; domò gli uomini e li fece desiderosi di pace, pronti a sacrificare tutto alla pace. Erano passali i tempi di Chioggia e di Cambrai ; ma viveva ancora il Morosini, e fino eli’ ei visse, v’ ebbe un uomo polente in Venezia, e quando vi sia un uomo, una nazione può dirsi ancora in vita. Il Morosini, tornato a casa, ebbe a sopportare gravissimo dolore. Marcantonio Corraro, avvogadore del comune, salì la ringhiera del maggior consiglio, accusò pubblicamente colpevole il Morosini per aver ceduto Candia e stabiliti i preliminari della pace ; domandò fosse spogliato dell’ uffizio di procuratore di san Marco, e fosse inquisito sulla sua condotta. Giovanni Sagredo si levò a difenderlo, e vinse ; il Morosini fu giustificato. Il Morosini era di quei grandi che amano la patria sempre, clic sentono la gloria essere necessità, gaudio supremo della vita loro. Sopportò impavido 1’ accusa ; 1’ esserne uscito con fama illesa noi fece superbire ; la coscienza lo assicurava dello aver fatto il debito suo, nulla aver pretermesso per salvare Candia. Ma la perdita involontaria era una piaga del suo animo che dolorava forte ; sapeva come molti siano che recusano lode ad una gloriosa sconfitta, perché non credono all’ ingegno ed al valore ove manchi fortuna, perché giudicano dall’ esito dell’ imprese senza pesare le circostanze estrinseche che possono moderarle. Volle vendicare la patria; e nella guerra che si raccese col Turco, pugnò, vinse, ottenne prima quella formula di lettera pubblica del doge, la quale per l’animo di un nobile veneziano tenevasi per la maggior ricompensa che potesse sperare, e diceva : Vi lodiamo col senato. Poi ebbe perpetua nella sua famiglia la dignità di cavaliere della stola d’ oro ; quindi fu eletto doge. Il pontefice lo donò dello stocco e del pileo, premio dei capitani benemeriti della cristianità ; e più di tutto, ebbe il nome di Peloponnesiaco, consecrato dalla storia, col quale i contemporanei lo riverirono, come lo riveriscono i posteri. Fu levato il suo busto di bronzo nella sala delle armi del palazzo ducale. Forse sarebbe stato distrutto, o recato altrove, spoglia opima di un trionfo senza battaglia, a far superba qualche terra straniera del segno di patria gratitudine, che a lui,