501 amore ricorsero loslo al suo spirito innamorato e a voi li raccomando, diceva a quelli che lo accerchia\a»o, a voi raccomando la mia povera Giulia, e i miei teneri tigli. Poi in atto tranquillo perchè confortato dai balsami della nostra divina Religione a mani giunte moriva col pensiero in Dio. Ei lasciava ima grande eredità di affetti; poiché la sua Giulia lo amò tanto da seguirlo, dopo la capitolazione della nostra sfortunata Treviso, insieme col più piccolo de' suoi bambini nelle dure peregrinazioni di quasi tutta l’Italia, soffrendo stenti, fatiche e dolori inauditi. E andiamo, Ella diceva al marito e ai due affettuosissimi cognati, andiamo tulli e tre per vivere o morire insieme lontani dagli oppressori. Povera Giulia I la tua sciagura è grande; ma è ancora più grande la dignità del tuo dolore; menile tu sei inconsolabile perchè il cielo non v’abbia morti tutti insieme, e perchè la tua anima capace di tanti patimenti si sentiva pure capace pel sagrifizio di una esistenza consumata dall’ amore. Oh! Giulia; Venezia ti ammira e li ama: essa saprà farsi una gloria della tua santa sventura ! Oh! Ferrante, oh! Giulio, fratelli superstiti e compagni d’arme del vostro amatissimo defunto, confortatevi colle memorie gloriose delle sue gesta, coll’amore e F ammirazione ch’ei lascia nei valenti compagni del vostro eroico battaglione, colle cure ed affezioni con cui io proseguono i vostri trevigiani, e colla nuova vita che per tutta Italia ei infuse mediante il suo purissimo sangue al nome di Olivi. Ricordiamoci che il carattere di veri italiani non possiamo acquistarlo clic colle sventure! Una legge tuttora inflessibile ci serba e ci serberà forse per alcun tempo a crudeli disinganni, ad ineffabili angosce; ma noi sapremo adorarla; perciocché i popoli come gl’individui non possono amare cou supremo amore che quelle cose che hanno loro costato lunga serie di dolori ed assidue privazioni di preziosi affetti, ed ardentissimi desiderj. Oh! amico, noslro concittadino, dal sereno di quella patria che non trovasti in terra, infondi nei tristissimi nostri cuori quella forza d’anima che sotto la spada del dolore, tra le angosce crudeli, tra la tortura che strazia la debole umanità valga a moderare quella naturale irritazione che gravando sopra i patimenti ne raddoppia l’intensità, e spinge più a dentro il ferro nella ferità: quella forza d’anima che divida come in due parti il nostro essere; una consacrata al dolore, l’altra alle affezioni virtuose e all’ aspetto dell' avvenire, ove giacciono spazii inaccessibili alle afflizioni presenti, e dove sei tu fra i gaudj della libertà e dell’amore infinito.