30 G mente alle politiche rivolte susseguono; la qualità stessa dei militi nostri volontari], bensì termi e coraggiosi sul campo, ma non a\vezzi, non disposti alla noia degli assedii, alla rigida disciplina, alla passiva obbedienza, tutto ciò vuoisi considerare. Si poteva, per avventura, più spingere e più otlcjucre in quanto all’ordine e all’economia, aggravando la mano col potere assoluto che voi ci affidaste. Ma perchè accusarci di non averlo adoperato? Non abbiamo progredito quanto ogni altro paese, e più torse d'ogni altro governo, in rivoluzione? Resistiamo; siamo provveduti, siamo pronti a sortire, a porgere aita ai nostri fratelli di terra Ter ma . . . Che cosa dunque avrebbesi dovuto fare? Vincer* . . . Ma Venezia finora ha anche vinto; le provincie sono perdute, ma si erano prima da noi distaccati'; Milano, la sorella Milano, è perduta, ma la disunione, la diffidenza insinuata crasi fra gl’italiani, che sostenerla dovevano. Meglio era forse che Milano sola fosse rimasta a sè stessa, come nelle famose cinque giornate. Meglio sarà che noi rimaniamo soli, con noi stessi, anziché elementi qui ammettere di sfiducia e dissoluzione. Noi saremo uniti, e col sostenerci gioveremo alla nostra ed alla causa comune. Accoglieremo i fratelli, che qui ricovrarsi vorranno; ma allontaneremo chi l’itala fatalità seco recasse delle intestine discordie. Accoglieremo i consigli di militari che hanno militato, di amministratoli che hanno amministrato, di politici, di cittadini assennati; ma rigetteremo chi sconsigliatamente parla, e chi sospinge tumultuariamente il popolo a volere. Ed a ehi in buona fede quella libertà ora invocasse per cui si combattè, rispondere è forza pur troppo: libertà non l’avete, non l’abbiamo, non l’ha Venezia e nessuna parte d’Italia. Devesi ancora conquistare. Abbiamo bensì sulle braccia 150,000 stranieri d’ollramonli, che ci contendono armati, non d’esser liberi, ma d’essere Italiani. 1 popoli insorti lottare e sostenersi possono alquanto con la forza delle masse, per l’insistenza delle moltitudini, ma sorretti, suffulti esser deggiono da schiere regolari; e queste riescono e vincono coll’ordine, colla disciplina, non meri che colla scienza. Gli avversar» nostri sono pure in gran parte soldali alla rinfusa raccolti; combattono essi forzati, ribelli sono anzi alle patrie loro, per l’indipendenza, come la nostra, commosse; ma sono subordinati, ed i loro preposti sono esperti e severi. Il loro condottiero cinto è perciò dell’aura della vittoria, e noi siamo oppressi perchè intolleranti e discordi, Nell’atto di deporre il supremo potere, protesto dinanzi a Dio, dinanzi a voi protesto, che la coscienza non mi rimorde se non di avere talvolta oscillalo fra il mite sentimento del cittadino liberale qual mi sono, od il robusto partito del risoluto guerriero. Unione nel popolo, disciplina nell’esercito, fermezza nel Governo, c sfideremo il destino. II membro del governo Grasiani fece leggere il discorso e la lettera seguenti : Cittadini deputali! Già il 4 luglio decorso, il ministro di allora ebbe a farvi una circostanziata descrizione dell’attività spiegala dalla nostra Marina dopo il 22 marzo. Vi fu allora posta sott’occhio l’estesissima linea di terra e di mare, clic in pochi momenti presidiar si dovette , c la parte essenziale che la Marina assunse nelle opere di difesa.