281 9 Ottobre. (dalla Gazzetta) La Patria ha dal Friuli ricevuto questa lettera di ragguardevol persona, che mostra quanto sin da sperarsi ancora nei forti abitanti di quelle contrade, se si riprenderà, come speriamo, la guerra dell’indipendenza : » Qualunque sia l’esito della vicenda presente, io non Io posso credere senza frutto per l’Italia. — Intanto si è fallo al tinnente sentire il grido di libertà; in ogni angolo si discorre di diritti. — Questa parola è formidabile, efficace, e, stia pur cerio, ci educherà. Se la oppressione non avesse mirato a corromperci, si avrebbe forse potuto sopportarla, ed aspettare che il lento progresso dei popoli maturasse ciò che ora si ò voluto affrettare colle armi. — Ci siamo dunque levali cosi come eravamo con tutte le debolezze, con tulle le piaghe die ci ha inflitle il tristo reggimento, a cui fummo per tanti anni condannali. Adunque le nostre colpe sono dello straniero. Piangiamole pure, sì, ma non per odiare i fratelli e scorati ritirarsi dall’impresa; anzi i patimenti e i sacrifizii ci crescano l’operosità e l’affetto, e il nostro perdono sia grande come quello di Dio. » Che se si studia ai mezzi di alimentare la guerra d’insurrezione, perchè saremo noi dimenticati, c non avremo chi c’instruisca e guidi? Nella seconda fase del gran dramma italiano, non dovrà dunque avere più nessuna parte il Friuli? » Primo dei paesi nuovamente invasi, e più degli al tri soggetto alla trista influenza del suo disgraziato confine, forse son pochi gli aiuti che esso può offrire, ma non si misuri quello che potrebbe fare da quello che fece. Oltre che in questi pochi mesi la sua educazione politica è grandemente progredita, e che il popolo è giunto a piantarsi nel cuore come dogma sacrosanto alcune verità, che per lo innanzi ignorava, bisogna convenire che, fra i tanti errori commessi, il Frinii non è stato adeguatamente nè conosciuto, nè valutato, e che si sono trascurati molti dei suoi mezzi. Siamo poveri, ci mancano armi, e chi ci diriga: ma disperazione e coraggio non mancano. » Ieri ho visitato le rovine di Jalmico. — Gii abitanti, ridotti alla più sanguinosa povertà insieme col loro parroco, sono lutti tornati fra quelle macerie. — Privi di 1111 tetto che li ripari, nella necessità di dormire sulla nuda terra, senz’allro vestilo ed alimento che quello che viene dall’elemosina, essi non hanno che un solo grido — Vendetta! Bisognava sentire l'accento indescrivibile, con cui un giovane imprecava ai cannoni di Palma, che in (¡nella nolte fatale non hanno tirato in mezzo alle fiamme, e distrutto cogli abitanti anche parte delle schiere nemiche. —-Profanare le chiese , ardere gli altari e le sacre immagini ^ disperdere pel fango le reliquie dei santi, oltraggiare i sacerdoti, violare i sepolcri, trarne le ossa e contaminarle, infrangere le pietre consacrate, ungersi gli stivali coll’olio santo, schernire e vilipendere dò che abbiamo di più venerato e di santo, e perfino gettare in sulla via il Sacramento, e farlo mangiare dai cavalli, sono delitti che il contadino non perdona. Se sullo