44 tesoro inesausto delle civili »istituzioni e delle pubbliche franchigie quella dovizia di spedienti, di aiuti e di forze che la libertà porge ai popoli per mettere in salvo il loro essere nazionale. Mi accadde più volte a questi giorni d’intender dire da parecchi valentuomini che la nostra u-nione coi Veneto-lombardi essendo distrutta dai fatti della guerra e la nazionalità italica intaccata, uopo è almeno preservare 1’ unico bene superstite, cioè la libertà subalpina; come se il colmo potesse stare in piede quando crolla e ruina la base dell’edifizio. Il che è un misero inganno : e avvegnaché sia spiacevole il dissipare i sogni lieti in cui si addormentano i popoli, forza è che lo faccia; una veglia dolorosa essendo da an-tiporre a una mortifera letargia. La libertà piemontese non è cosa più viva e reale al dì d’ oggi che l’indipendenza italiana, e venne meno con essa nelle pianure lombarde. Entrambe caddero assai meno sotto il ferro tedesco che sotto i colpi micidiali di una setta, la quale prevalendosi dell’imperizia di molti e dell’ignavia di tutti (diciamolo pur francamente ) testé ci tolse la vittoria, come ora vieta che si ristori F esercito e si rinnovi, occorrendo, la guerra. Ea come infatti l’autonomia sarebbe perita, se la libertà avesse avuto il suo vigore e potuto usare tutte le sue forze? Veggasi adunque quanto si appongano coloro che si consolano della nazione spenta coll’ amore del municipio. Stando che più non si viva nei termini del principato civile, se altri mi chiedesse quali siano gli ordini che invalgono, mi troverei impacciato a rispondere. Ma mi par di vedere assai chiaro quello che non siamo : ma non so veramente quello che siamo. I popoli servi hanno almeno il vantaggio di avere un sol reggimento: noi liberi ne abbiamo due fra loro contrarii. L’uno di essi è palese e legale , l’altro occulto e fazioso ; ma questo prevalendo a quello nel fatto, ne segue che la nostra costituzione è un’ombra, e che le sette in realtà ci governano. Capo essenziale della monarchia civile si è che i governanti siano sindacabili delle loro azioni; il che presuppone che da loro dipenda tutta l’azione governativa. Ma chi non vede che tal sindacato vien meno e seco perisce la prima guarentigia costituzionale, se i ministri non reggono che in apparenza, e una mano occulta straccia i loro decreti e ne vieta l’esecuzione? Quanto i rettori, che testé uscirono di carica, avessero l’indirizzo dei negozii, ond’erano mallevadori, non fa mestieri ch’io’1 dica. Gravissime e capitalissime questioni vennero agitate, discusse, decise senza loro saputa : la mediazione fu per tal modo sostiuita al sussidio francese, i prigioni di stato rilasciati, un armistizio politico indegnamente concluso, la proposta sicula risoluta ; e via discorrendo. Cosa importantissima dopo gli ultimi disastri era il riordinare l’esercito, sia che si volesse continuare la guerra o pensare alla pace ; giacché pace onorevole non si può avere da chi non è abile a guerreggiare. Chiedete ora a Giacinto Collegno, che avea il governo della milizia, come i suoi cenni fossero attesi, e quanto alla solerzia operosa dell’ordinatore rispondesse il concorso dei subalterni. Brevemente, il ministero scaduto fu quasi ridotto all’impotenza; e consumò gran pa^te del suo tempo ora a comandare senza essere obbedito e senza avere i mezzi ( notate bene ) da farsi obbedire ; ora protestare contro gli ordini avversi che, lui insciente o ripugnante, si mandavano ad effetto. La diplomazia