14 Ottobre. 335 {dall Indipendente) 11 Circolo italiano di Venezia ricevette le due lettere, che qui sotto riportiamo, essendosene richiesta la stampa nella seduta del giorno 41. AL CIRCOLO ITALIANO IN VENEZIA. L’ onore fattomi da codesta benemerita società, del crearmi in suo presidente, vorrei meritarlo con altro che con lo sterile desiderio del bene e dell’onore d’Italia. Provvido mi pare il pensiero del mettere in corrispondenza il Circolo di Venezia con quanti altri è possibile, acciocché sien raccolti i suffragi, acciocché l’Italia abbia coscienza di sé, ed abbiali tregua i rimproveri che lo straniero ci move di non saper significare chiaro il desiderio nostro a coloro che, volendo pure indirizzare le cose nostre, non saprebbero il come. Il Circolo di Venezia, conciliando la schiettezza alla benevolenza, ha saputo farsi ascoltare perchè ha saputo ascoltare; ha governato l’opinione perchè s’è lasciato illuminare da quella: 1’ affetto suo, generoso senza passione, eccitò il movimento senza disordine. Esso potrà coll’ esempio giovare anche fuori : potrà mettere insieme que’fatti che dieno a conoscere Venezia a sé stessa, al governo, agli esteri: perchè troppo è vero che Venezia non era lin qui conosciuta; e se d’alcuna cosa io potessi gloriarmi, sarebbe dell’avere cooperato a farla alquanto meglio apprezzare. Spetta al Circolo mantenere vivo il sentimento magnanimo desiatosi nella nazione; giacché Venezia adesso è nazione intera da sè, come al tempo che Attila la fece spuntare dalle macerie d’Italia, Attila più religioso a Leone che non il Welden a Pio. Ajutata dai suoi migliori cittadini, e dagli esuli fatti per diritto di sventura già suoi cittadini, potrà Venezia dimostrare che, se il popolo italiano dopo duri disinganni invocava il soccorso straniero, non lo faceva perch’ altri combattesse per lui^ ma con lui ; che il popolo italiano conosce quell’ arte senza cui le rivoluzioni sono una ruma e il valore stesso una morte, 1’ arte del sagi ilizio. 30 settembre 1848, Parigi. N. TOMMASEO. AL CIRCOLO ITALIANO DI VENEZIA. Nelle nostre immeritate amarezze presenti, fratelli di Venezia, ci furono di pietoso conforto le buone dimostrazioni che vi piacque darci. Ultimi per pregi d’intelletto ma a ninno secondi nell’amare la patria comune, ve ne rendiam grazie dal cuore. Le quali vogliamo ascrivere, meglio che a noi, al principio che scalda la nostra vita ed a quella fede per la quale Venezia è fatta la meraviglia d’Europa, l’orgoglio d’Italia. Lo squisito sentimento di affetto fraterno onde alleviaste la nostra sventura, ci è pegno certissimo come per voi si meriti quella libertà per cui combattiamo, come a benefizio d’Italia sarà da voi adoperata allorché Iddio incoronerà il vostro magnanimo proposito con l’aureola della vittoria. E appunto perchè la vittoria non sia lontana, e perchè i nostri comuni nemici non cavino profitto da quanto contro noi venne operato, noi '< preghiamo nei vostri consigli di comportarvi in guisa che le prove