215 stieri della loi’o città. Saliranno al coilitine, c dovranno baciar bene a non ¡sbagliare gli esotici nomi; saliranno al comune, e più non vi udranno il noto accento del proprio dialetto. Su via; che Cacciani noi cpii! Addio, signori, che noi ospitammo; che i nostri padri accolsero con tanta fiducia, con troppa fiducia! la città, dove noi nascemmo, dove moriremo di certo, è vostra; lasciateci unicamente respirare quest'aria, questo sole che ci avvolse fanciulli; prometteteci che noi avremo un giorno un piccolo canto nel nostro cimitero. Se la ginstizia degli uomini foss'altra cosa che una cosa feroce, se ci fosse giustizia, noi ce ne appelleremmo, quando e dovunque la potessimo avere. Ma questa giustizia è ciò che il mondo chiama in altre parole diritto del forte; ciò che appunto calca e approfonda il suo piede di ferro su’nostri diritti, sulla nostra volontà, sulla nostr’anima. Giova tuttavia che noi alziamo la voce, che mandiamo à’nostri figli il grido del nostro dolore. Ah! traggano esempio da noi.quante sono popolazioni intramezzate e confuse di genti nuove; e proveggano a tempo. Troppo indarno,, a noi genti italiche, alzò Dante quel suo grido profetico s Sempre la confusimi delle persone Principio fu del mal della ditate; conveniva che Una a una, a trarne frutto, lo dovessero prima ripetere nelle proprie lagrime. E noi Triestini incominciamo. Del resto, la Gazzetta di Trieste, continua in una serie di articoli molto caldi e bene ragionati, a discutere la cosa del comune; e forse anche il suo parlare franco e coraggioso influì sulla rinunzia, che fecero ni posto di deputati, non volendo sedere coi Tedeschi la maggior parte degi’ Italiani, anzi tutti quelli che chiamano le intelligenze. Molte citazioni dovremmo fare dei pochi Numeri, che abbiamo sotto occhio, di questo giornale; ma termineremo con un branello d’un ottimo articolo, che porta a titolo; Sulla pretesa di germanizzare Trieste: Non sono, dice la Gazzetta, le città quelle che fanno gli uomini, ma gli uomini son quelli che fanno le città; la terra non ha voce, nè può dar nome a quelli che l’abitano, ma gli abitatori lo danno alla terra. Una colonia d’italiani nel cuore della Germania edificherebbe una città italiana, siccome gli antichi Germani, occupatori della Lombardia, avrebbero potuto farne un paese tedesco, serbando lingua e costumi; ma la civiltà italiana fu più forte delle loro armi, e impose ai conquistatori lingua, costumi e nome. La civiltà tedesca oggidì non è più forte delia nostra, da imporci niente affatto: la forza delle armi n«n conta niente, essendo buona soltanto a distruggere, non a edificare; a trasformare un corpo Ornano in una massa di carname, non già ur.o spirito italiano in tedesco. Bel vanto è quello di saper fare ciò che sanno fare anche i lioni e le tigri ! Ma rispondano un po’: a qual terra italiana hanno essi finora imposta la loro civiltà? qUal paese italiano hanno finora germanizzato? Siamo forse selvaggi noi, da aver bisogno delle lingue altrui per esternare i nostri pensieri? Oppure abbiamo bisogno della loro lingua, delle loro •dee ond’esser felici? ———