224 necessairi al Magistrato Repubblicano, in essi ancora supreme rifulgessero le prerogative tutte delle anime sublimi e generose. Tali sono li cittadini acclamati dal popolo di Mirano. Essi sono e saranno permanenti nostri reggitori. Ma siamo o/mai convinti, che le più a loro gradite offerte sono, e saranno, la nostra pacifica unione, la nostra moderazione, la nostra fratellanza, Se la libertà non è fatta per il debole, molto meno è fatta per lo indocile. Ammettiamo dunque il giusto sistema che il popolo è sempre l’uguale Sovrano, tanto se ricco come povero, lauto se educato quanto meno incivilito, tanto se intrepido quanto meno da fisica forza sorretto. Queste sono le differenze prodotte dalle diverse combinazioni di stato, dalla man^ canza di mezzi per conseguire coltura, o da disposizioni di natura che volle questo o quello creare più o meno robusto nelle fisiche 0 morali facoltà. In qualunque di tali stali il popolo per legge della stessa natura è sempre 1’ uguale Sovrano, e partecipe degli stessi liberi diritti, in quanto esso osservi questi sacri doveri ; religione, buon costume, rispetto alle leggi, amor di pairia, uuione, moderazione, fratellanza. Facciamo dunque un uso sublime della nostra vittoria, Ci sovvenga che al primo grido di libertà, coraggiosamente innalzato dalla vicina nostra madre Venezia, noi fummo i primi fra gli abitatori del continente a far eco altero a quel grido immortale. Non appena il Veneto popolo avea operata la liberazione degl’ illustri prigionieri Manin e Tommaseo, non appena un imbelle Governatore sbigottito e tremante fuggia dal verone, e ricovravasi accanto alla gonna della vandala ambiziosa consorte, non appena le Italiche matrone e donzelle spargeano dalle logge le tricolori coccarde, e sù tre superbi stendardi si spiegava il vessillo della libertà nazionale, ed i sacri bronzi della gran torre di S, Marco festeggiavano la prima festa del risorgimento della patria, e quando tult’ uno era il grido di libertà, noi tosto scossi a quel tanto desiderato grido, sì, possiamo vantarci, noi siamo stati li primi a rispondervi facendo echeggiare le nostre campane a cui tutti risposero i vicini villaggi, spiegando la tricolore bandiera, illuminando le nostre case, e calpestando quelle aquile abborite, che per sette lustri ci aveano avviluppali ne’loro rapaci artigli. Ripetiamo dunque ancora, sia fatto uso nobile di tanta bella vittoria! Lungi perciò da noi qualunque astio privalo, qualunque improperio contro i nostri simili, qualunque taccia denigrante, qualunque ingiurioso sospetto, che sovente potrebbe essere od esagerato od ingiusto, Lungi ancora da noi qualunque odio municipale contro gli abitatori de’ limitrofi castelli. Questo livore era suscitato dagli astuti nostri oppressori, pel barbaro line di tenerci divisi nelle forze, e così a dettaglio incatenati. Questa era la morale, mascherata da infame religiosa ipocrisia, che alimentavano gli abbariti demagoghi del despotismo. Questa fu la causa principale di rovina della vecchia Italia, che ora ringiovinita de-v’ essere : Una nelle volontà, Una negli affetti, Una nel pensiero, nel solo e santo pensiero di consolidare la propria libertà e conservarla a prezzo di qualunque spargimento dì sangue per secoli e secoli,