7 simbolo glorioso, che Europa tutta già salutava come inviato dalla Provvidenza c redentore della propria nazione. V. M. gradiva quel programma in cui tutte stavano espresse le nostre ccnvinsioni, ma prima che a noi fosse dato accingerci all’opera, le sorti decermi furono infelici, un’immensa calamità fiaccò un esercito lungamente vincitore, e per molti rispetti veramente ammirabile. La causa italiana non era perduta, quando le persone di Y. M. e dei reali principi erano salve, e le forze della nazione pressoché intatte, nè a noi mancava il cuore di mostrare il viso all’avversa fortuna, di sostenere con indomito coraggio l’indipendenza della patria. Ma una parte del paese si mostrò per un istante d’animo prostrato, a quell’annunzio il Piemonte, da alcun tempo già lavorato dagl’insidiosi raggiri dei retrogradi, diede qualche segno di voler separare i proprii dagl’ interessi comuni; diffidenze, sospetti, diffamazioni, e quiudi aperte ostilità furono eccitate contro di noi. Non erano che pretesti, astuzie di tristi, ma potevano servir di velo all’inerzia, al rifiuto di concorso per parte di molti illusi, e quindi la maggiorità del consiglio credette dover rassegnare la propria dimissione, da V. M, accettata. Le presenti circostanze sono supreme ed assolutamente anormali ; egli è di tutta urgenza provvedere una nuova e forte amministrazione al paese, ogni ritardo è calamità forse irreparabile, E costume che un ministero dimissionario, limitandosi alla spedizione degli affari correnti, cessi da ogni azione politica, onde lasciare interamente libero 1? indirizzo dei successori. Ma in questi momenti la sospensione di direzione politica sarebbe fatale; lo Stato tutto sarebbe in preda ad un’anarchia morale; i precipui agenti del governo rimangono senza istruzioni,- e perciò senza influenza, nelle provincie ; i partiti estremi agitano in contrarii sensi le popolazioni; tutte le persone si esaltano, meno le generose, ed abbandonate lungamente a sè stesse, producono in fine quell’esaurimento di forze morali, quella letargica atonia che è peggio di morte ai civili consorzii. Ogni giorno trascorre un tempo prezioso, un termine di quell’armistizio conseguito a patti tanto dolorosi e deplorabili; se in breve il paese non è ridestato, l’esercito più di prima numeroso, rivestito e rianimato, l’estrema delle calamità ci sovrasta, quella che produrrebbe infallibilmente la dissoluzione del nostro paese, una paco vergognosa. Noi dobbiamo, o Sire, declinare, anzi respingere qualsiasi parte di tanto carico; giusta le convinzioni nostre, uopo sarebbe accingerci a tutte le eventualità d’una guerra tremenda ed ultima come quella di rivendicata nazionalità; ma codesti preparativi, l’impulso che la deve indispensabilmente accompagnare, non può essere dato da chi ha abbandonato le redini, ma unicamente dagli uomini chiamati a mandare ad esecuzione questo o qualsiasi altro sistema di politica voglia seguirsi; a noi non rimane che invocare da V. M. l’immediata formazione di un nuovo gabinetto, con bisogno urgentissimo. Nel rassegnare i poteri affidati, crederemmo mancare gravemente ad un obbligo di coscienza, ad un dovere di buoni cittadini, di leali consiglieri ove non sottoponessimo all’alta saviezza di V. M. brevissime considerazioni sul presente stato di cose.