272 scevano i benefici influssi della fusione, che non benedicevano l'ospitalità del governo sardo, che non amavano chi volea trarli ad atti non conformi alla loro coscienza, che piangevano i giorni perduti, e sentivano nel-l’anima la speranza dell’italica redenzione. Nè solo pende sul loro capo una minaccia di carcere, ma dovrebbe alla carcere succedere la consegna agli Austriaci; e perchè gli sbirri carabinieri potrebbero con tiepidezza eseguire l’ignominioso ordine, sarebbe loro promesso un §5 franchi per ogni arresto! Cosi s’inaugura la società federativa in Torino! Milano 29 Settembre. Il ritorno nella nostra città del prode esercito costa da centomila lire al giorno. La fronte del castello rivolta verso la città è ridotta allo stalo di fregata, cioè con due batterie di 18 cannoni, l’una sopra l’altra: in una parola tutte le misure d’esterminio sono tali da togliere qualunque possibilità di sollevazione. Ed hanno ragione, perchè senza ciò il popolo non li tollererebbe mezz’ora. A Brescia, come da noi, furono perquisite tutte le pompe da fuoco, ed il governatore, a cui alcuni cittadini furono a domandargliene il perchè, rispondeva avere ciò fatto poiebè in caso di rivolta la città sarebbe stata bombardata ed interamente distrutta. Il popolo freme di tante sevizie, e non può più oltre tollerare la vista dell’abborrito austriaco: i buoni cittadini i quali comprendono che nelle attuali circostanze ogni movimento non produrrebbe che il sacrifizio di inutili vittime, cercano di rattenere il popolo e vi riescono con molto stento. ---1^>—P -€S»—C=--~------- 7 Ottobre. Venezia sta per raccogliere nel suo seno una nuova coorte di que’ Tri-vigiani che abbandonarono la loro terra natale allorché questa veniva rioccupata dallo straniero. Noi, concittadini di que’prodi che pugnarono a Sorio, a Montebello, a Cornuda, alle Castrette, sulle mura di Treviso, che si trovarono a Brescia ed a Milano allorché infausti si mostrarono i destini a quelle valorose città, noi aneliamo di riabbracciarli, di rivedere i nostri conterranei, i nostri amici, i nostri fratelli. E tanto più vivo è questo nostro desiderio, quantochè non è il solo amore della patria da essi dimostrato, non è il solo coraggio nei pericoli, non è la sola rassegnazione nelle sventure, che ce li renda più cari; ma ben anco quella subordinazione, quella disciplina, quella onoratezza, polla quale riuscirono accetti nelle città da essi percorse durante la lunga loro peregrinazione, e che valse a procurare ad essi larghe testimonianze di stima ; ai Trivigiani_, oltre alla fama jdi animosi, quella pure di gente onesta e dilicata. Nò altrimenti avrebbe potuto essere, se guidati da quel Luigi Mene-ghetti, di cui tante fiate fecero i Giornali onorata menzione, trovarono in esso non un superiore, ma un eguale^ che divise le gioie e le amarezze, i piaceri e i disagi, il digiuno ed il cibo, mettendosi non solo alla stessa