241 » Marina : essa si spiegava non meno nell’armo dei forti, che quasi al lutto » le era affidato. » Le condizioni di Venezia, come fortezza, sono piuttosto uniche che » singolari. Ella non è, a propriamente dire, una piazza di guerra, ma » una specie di provincia fortificata, una catena di opere diverse, stese so-» pra una linea di circa 70 miglia di estensione. Ripartesi militarmente » in tre circondar»; il primo dei quali, dalla città movendo a Fusina, » gira per Malghera, arriva alle Porte grandi del Sile, ripiegasi a Tre-» porli, termina a Sant’Erasmo: lungo 42 miglia, e munito di 19 forti, » od opere fortificate. » Il secondo è formato dalla linea dei lidi, che dalla punta di S. Ni-» colò, per Malamocco ed Alberoni, si estendono sino ali’ estremità dei Mu-» razzi diPelestrina, sopra una linea di oltre 20 miglia, e con 13 fortificazioni. » Il terzo comprende le difese di Chioggia e di Brondolo, sino alla foce » del Brenta, e racchiude sei forti. Tutte queste opere, o mancavano affatto » di artiglierie, o le avevano scarse e disadatte : e tutte pur mancavano » di quei tanti presidii che alle guarnigioni sono necessarii. « Ma sia pure che così riferisce un ministro, sia pure che i molti tentativi, fatti dagli Austriaci, per attaccarci dovessero provare al Bianchi-Giovini quanto validamente fossero quei forti presidiati, sia pure che Venezia resista con ammirazione e plauso di tutta Italia: l’evidenza di questi fatti non turba punto il Bianchi-Giovini, che nei primi dì del settembre annunzia all’Italia ed all’Europa come una verità (perchè esso non dice che verità) che Venezia non ha armata una fortezza. Nessuna massima è tanto giusta quanto quella che la passione accieca l’uomo; e il Bianchi-Giovini, nel trasporto della propria passione di perseguitare tutti gli uomini che mostrano di seguire un principio a lui avverso, non solo si scaglia contro al principio, ma contro agli uomini che, onesti e sapienti, denigra e conculca, e contro ai fatti che, pur toccando e vedendo, niega sfacciatamente che esistano. — Se volessimo proseguire in quest’ analisi delle menzogne gioviniane, non la faremo così presto finita. Nella nostra guardia nazionale era introdotta tale organizzazione e disciplina, che la sera dell’ undici agosto, quando il dittatore Manin intimavale di accorrere ancora la notte stessa ai tòrti più minacciati, eh’ è quanto dire ordinare la mobilizzazione, in poche ore tale mobilizzazione seguì con ordine e prontezza tali, da meravigliare i più esigenti e gl’ incontentabili, Eppure lo scrittore deli ’Opinione va propalando dal suo giornale che qui non si è saputo organizzare la guardia civica. E vi narrerà eziandio che 60,000 fucili furono inutilmente dispersi dalla veneta,repubblica fra’ contadini, per cui a nulla giovò la pubblicazione, fatta dal governo, di un prospetto dettagliatissimo di tutte le armi distribuite ; prospetto, che si faceva tenere anche ai singoli deputati dell’ Assemblea^ e da cui appariva che soli 12,000 fucili erano stati opportunamente consegnati dalle pubbliche armerie a chi ne abbisognava. E diciamo a chi ne abbisognava, perchè Venezia stimava allora, e crede anche adesso di non essersi male apposta, che la guerra, che si dovea fare in quei dì, dovesse esser guerra d’insurrezione ; che i corpi franchi, le crociate, i contadini armati dovessero marciare a fianco degli eserciti regolari, se T. IV. 16