337 Ed or venendo alle decisioni dell’Assemblea, certo il mio voto avrebbe consonato a quello della grande maggioranza dei deputati, per dichiarare la susistenza del pericolo, e la opportunità della continuazione del triumvirato dittatoriale. Quanto poi al decidere sull’elezione d'un comitato perchè tratti delle condizioni politiche, a cui accennava il programma di convocazione; 11011 mi è dato ragionarne che a seconda del rendiconto che dell’andamento delle deliberazioni ricavo dalla Gazzetta ufficiale. Le dichiarazioni del Governo all’Assemblea mutarono primamente il programma. Non ottenuto l’intervento armato di Francia, in causa delle pratiche della mediazione, narra il Governo, aver dovuto spedire al campo della diplomazia apposito incaricato^ benché non credesse aver mandato di trattare in tal guisa. Quindi ritrae la condizione in cui si vide posto o di esporre all’intera Assemblea le pratiche diplomatiche, o di chiedere la nomina di un comitato segreto, o di avere dalPAssemblea il poter di trattare. In tal guisa, il Governo cangiava la proposizione all’ordine del giorno della elezione di un Comitato per trattare, in quella di 1111 comitato per ascoltare, 0 chiedeva il mandato per trattare da se. Noto ciò senza commenti non già perchè, dopo il fatto, importi, a veder mio, che il Governo, od un comitato, abbiasi in tal caso la rappresentanza politica del paese; ma perchè la quistione più che per forme o persone, è interessante in linea di principii. Sotto quest’aspetto, dal canto mio, avrei creduto doveroso interpellare il Governo, sulla improvvisa mutazione, sulle pratiche diplomatiche e sulla politica che intendeva seguire, cognizioni tutte che in affare di tanta rilevanza, dovevano essere fondamento essenzialej guida imprescindibile del voto che avessi dovuto emettere. Sennonché quanto alla politica da seguirsi, il Governo 11011 ha occultato d’attenersi alla politica d’aspettazione; ed è in questa ch’io 11011 consento; è contro questa politica ch’io credo interesse di voi miei mandanti disconvenire. Panni la politica di aspettazione contradditoria al trattare; e certo temo, abbia ad imprimere la sua condizione passiva alle stesse trattative; e che in luogo d’essere la sola, alta a salvare Venezia e l’Italia, disconvenga a tutte due, perchè le colloca in condizione di effetto, 11011 di causa. Se della critica condizione in cui siamo, dobbiam essere effetto e non causa, diveniam simili al pilota che colpito dall’infuriar della tempesta, vi si abbandona a discrezione. Ed io non posso credere che Venezia, la quale colla sua eroica resistenza tutte le simpatie in sé concentrò, tutte le speranze fece risorgere, e dalla cui sorte dipendono i futuri destini d’Italia, possa starsi a descrizione degli eventi. La politica di aspettazione io consentiva nel passato agosto, quando l’ignoranza degli atti officiali, che ignominiosamente ne minavano ¡’esistenza, dovevano consigliare a prudenti riserve. La politica di aspettazione applicherei se fosse quistione di far assumere a Venezia un’autonomia propria, o consociata alla Lombardia; perchè durante il tempo in cui èssa si mantiene qual propugnacolo di libertà e d’indipendenza italiana, crederei impropria qualsiasi autonomia, 0 vorrei attribuir una estesamente italiana. Al contrario io penso, spettare a Venezia una politica d’azione, senza la quale mi parrebbe dovesse svanirle quell’aureola di gloria onde si ricinse; mi parebbe impicciolirsi al grado di quell’isolamento municipale, T. IY. 22