88 ili quell’unanime entusiasmo, di quella gagliardia cittadina, di quel desiderio di cose nobili e sanie, e alla memoria della comandala e turpe mollezza, del seminato sospetto, delle rinvigorite discordie, degli oltraggi patiti, della dignità conculcata, non pensasse all'Italia e al Tedesco, per giurare a quella un amore, a questo un abborrimento senza coniini. PSè minore intelligenza del comando e precisione nei movimenti dimostrarono quelle milizie al rompersi delle fila, al comporsi dei plutoni, al muoversi delle masse; e sia nell’esattezza del passo, sia nel sicuro eseguire delle conversioni, fecero palese come gl’insegnamenti del bravo ed operoso tenente colonnello Pautrier, coadiuvati da quelli di molti istruttori, siano caduti in terreno sì fertile da dare in pochi mesi una messe, che forse 11011 si sarebbe aspettata nemmeno dopo il volgere d’un anno. Che se l’anima nostra si rallegrava all’aspetto di quella esercitata milizia, quanta non era la commozione, al vedere que'giovanetti così perfettamente istruiti, al sentire gli aspri suoni del militare comando raddolciti da voci infantili, al pensare le magnanime geste, che dee aspettarsi l’Italia da una generazione vergine di servitù, cresciuta nell’affetto della patria, educata sotto il sole della libertà, unico che valga a fecondare ¡I fiore del genio! Finita la mostra solenne, il popolo si raccolse affollato sotto i pogginoli del Palazzo nazionale, per salutare coloro ne’quali ha riposto la somma de’suoi destini, e ad ascoltare una voce che gli riesce sempre cara e obbedita. Al qual desiderio fu subito corrisposto; e il Manin al popolo, che pendeva ansioso da ogni suo accento, disse: dover ringraziare i Veneziani dei sacriltcii liberamente palili, degli argenti consegnati con sì spontanea lietezza, della gara sollecita fra il ricco, che si spoglia de’suoi denari, e il povero, che offre il sudato suo obolo; della gratitudine,, dovuta alla guardia nazionale, che, sino dal giorno li agosto, non conosciuto, ma solo sospettalo il pericolo, portavasi quella stessa notte, senza repugnanza e senza querele, dove tonava il cannone. Pei quali atti di magnanimo patriottismo, essere questo popolo degno di libertà e sicuro di ottenerla; aversela comperata col suo coraggio, rassodata co’suoi sa-grilicii, difesa in compagnia di altri Italiani fratelli quivi accorsi a cercare libertà e fama; e quando le due mediatrici potenze offerissero (ciò ch’è impossibile ) inonorevoli condizioni, 11011 verrebbero punto accettate. Delle mandre decidersi senza interrogarle, ma non de’popoli; nè il destino dì V enezia poter esser fissato senza il nostro consenso, imperciocché essa è libera, ed il suo governo si è sempre considerato e si considera Governo indipendente di un popolo sovrano. E qui, avendo alcuna voce, di mezzo agli applausi, fatto udire una viva alla repubblica, soggiunse il Manin: nè chi governa nè il popolo assembrato sulla pubblica piazza poter determinare le condizioni della nostra futura forma politica; essere questa, attribuzione de’suoi legali rappresentanti; ripetere soltanto che Venezia, ove non le si offerissero condizioni degne di un popolo libero e grande^ rinnoverebbe l’esempio dell’41 agosto, non sarebbe per accettarle giammai.