244 INDIRIZZO DEL CIRCOLO ITALIANO IN VENEZIA AGLI ALTRI CIRCOLI D’ITALIA. Conforto agli amarissimi disinganni onde fa percossa Italia nella sua sventurata guerra di nazionalità iniziata dai popoli e soffocata dai principi, è di certo l’atteggiamento della nostra Venezia: siccome quello clic testimonia all’Europa che sarebbe pace ingannevole l’opera delle potenze mediatrici, ove queste non pensassero a far uscire inviolata e salda dai loro concerti la nazionalità della Penisola. A ricaricare il concetto di Venezia, e acciocché la libertà per la quale essa combatte s’allarghi per quanto è vasta Italia, e spenga per sempre il bugiardo pensiero di conseguirla con l’aiuto di coloro che per antica scabbia di tradizioni e per febbre di interessi particolari sempre se le dichiararono nemici, è mestieri che i popoli d’Italia con tutta la possa dell’intelletto considerino gli errori trascorsi. Gli è mestieri che riandando i lutti patiti e le mestizie presenti, si persuadano quale abisso corra tra i loro diritti, e la mente dei poteri onde sono governati; bisogna che ridicano a sé stessi le lunghissime e pazienti speranze deluse, gli aggiramenti del potere che faceva le mostre di secondare i loro impeti per poterli dipoi a man salva ammorzare; gli ardimentosi proponimenti suggellati col giovine sangue dei puri caldi amatori della patria; le perplessità di coloro che afferrato lo stendardo del riscatto lo trascinarono ai piedi dell’austriaco insozzato dal fango delle loro previsioni; ingomma bisogna che dia loro l’animo di veder le cose nella loro sventurata nudità per modo, da rendere impossibile il ritorno dell’errore, ed inefficace l’opera della loro ipocrisia collegata a danno del vero. Mentre le città del Lombardo-Veneto sono percosse di rinnovati oltraggi, mentre la reazione in Piemonte piglia tutte le sembianze, e mostra ad ogni istante di mutar proposito a trastullare i popoli; mentre Toscana vede i primi frutti della lega dei principi, ancorché 11011 promulgata, e Roma si trova schernita da un ministero nel quale siede chi guastava Francia e tirava l’orleanese all’ultimo sbaraglio, Venezia combatte, Venezia sta contro all’austriaco che la molesta del cannone, e in una alla reazione dinastica italiana che vorrebbe spegnere una fiamma alla quale con occhio pietosamente desioso intendono i non liberi fratelli d’Italia. Ma, perchè non torni vano il nostro altissimo proponimento, noi chiediamo a tutte le forze intellettuali militanti della Penisola concorso di comuni pensieri. Noi vorremmo che qui dove ancora si pugna venissero i desiderii e le opere ad incontrarsi in guisa che tutta Europa avesse a persuadersi come la guerra italiana è tutta ancora nelle nostre lagune, guerra che per virtù di principi tornò infelice in Lombardia ma che riarde ora fra noi purificata e gagliarda per volere di popoli. Qui, ove senza bisogno di andare a’versi ad Un potere fallace, liberamente si possono agitare i nostri destini, qui ove non giunge insolenza di birro o minaccia di regio commissario, i popoli d’Italia troverebbero la patria delle loro vagheggiate speranze, e, vergini d’ipocrisia e schietti di studiate parole, potrebbero dire all’Europa insieme coi diritti i loro superili