nesti tre giorni di luglio, non fossero abbastanza giustificate le frequentissime comunicazioni fra il re e Radetzky. Pur non crediamo che fin d’ allora fosse iniziato il vile trattato. Ma dopo la battaglia perduta dalle nostre armi per evidente imperizia dei generali, che non seppero portare la sufficiente quantità di truppa sul vero punto strategico, riconobbe il re, riconobbero i suoi generali , riconobbero i suoi aderenti che P esercito più non bastava a far trionfare la causa italiana , e, determinati come erano di non giovarsi delle forze generose ed insurrezionali d’ Italia, bisognava necessariamente avessero ricorso al-1’ intervento francese. Da quel punto predominò un sol pensiero, quello di salvare gli antichi stati di Piemonte col sacrificio delle Provincie Lombardo-Venete e quindi della causa italiana. Tutto allora si dispose a questo fine. Mentre si iniziarono le trattative con li adetzky, si andarono mendicando pretesti di giustificazione alla diserzione che si preparava. Tutte le notizie ufficiali giunte a Milano 1 dal campo assegnavano, quale cagione unica I della sconfitta di Sommacampagna e Custoza, 1 la mancanza di viveri, e ne traspariva cvi-1 dente il rimprovero alla Lombardia, quasi per 1 essa fosse avvenuto che i viveri non fossero I stati forniti. Si è detto e ripetuto che vari I corpi non ebbero viveri quali per quarantotto I oro, quali per treuta«ei, e che i soldati, sfi-1 niti per gli stenti e le fatiche, morivano per I le vie d’inedia. Il fatto è pur troppo vero, I ma era giusto di renderne responsabile il Go-I verno Lombardo o la Lombardia? Noi ab-1 biamo già veduto che causa ne fu l’imprevì-I denza dello Stato Maggiore e dell’ Intendenza I d’ approvigioriamento, i quali non seppero nò I scegliere a proposito le località per i magaz-I Zini dei viveri, nè farne seguire opportana- I mente e con effetto le distribuzioni ai singoli , corpi. La Lombardia, perchè esatto fosse il H servizio dei viveri, fece ancor più che non n doveva, in relazione alla convenzione stipu-i lata col Piemonte : fornì, cioè a proprie spese 1: i mezzi pei trasporti dai magazzini alle trup-ì:, po : che se l’intendenza non seppe adoperi rarli, è forse all» Lombardia che sa ne deve ■ la colpa ? Del resto, anche nei giorni funesti del Luglio non si sarebbe sentita gran fatto la man- ■ canza dei viveri, se fosse almeno stato pos-] sibile ai soldati di riposarsi quanto bastava Hper provvederli e per consumarli : ina non ■ appena codesti infelici, già stanchissimi e sfiniti, s apparecchiavano a prendere qualche 9 cibo, suonava il tamburo dell’ allarme, ed era ■ crdinata la marcia. Non era dato al soldato-li nemmeno il tempo necessario di prendere I uno scarso alimento, ed i cibi, solo a mezzo ■ apprestati, per la precipitazione della ritirata, ■ erano abbandonati al nemiep. csr Gf II cuore sanguina nel narrare tali tristissimi' sorti toccate ad un valorosissimo esercito che, sotio abili duci, era destinato a rivendicare l’onore doli’armi italiane. La Lombardia, più d’ogni altra parte il’Italia, deplora tanta sciagura, ma sa ni nulla aversi a rim- n . .... /v» proverare per i lunghi digiuni sofferti dall’ e-sercito. La Lombardia non ha mancato all’ o-bligo suo di fornirei viveri, e può dire d’averli profusi con improvvida abbondanza; e se vi Ila lamentanza, questa anzi deve muovere da lei per io sciupamento disastroso di tanti valori, abbandonati, pingue preda al nemico, per difetto di opportuni provvedimenti dello Stato Maggiore e dell*’ Intendenza dell* esercito. La Lombardia però non muovcrà un tale lamento se la profusione almeno ha potuto in qualche modo concorrere a diminuire la sciagura, o a sfamare alcuno dei nostri soldati italiani. Un* ahra accusa che sentiamo fare alla Lombardia, gettata parimenti avanti come pretesto a quella diserzione che si preparava, è. che essa non abbia abbastanza efficacemente concorso alla guerra, e che non abbiano i Lombardi resistito al fuoco nemico nei ire giorni della lotta. Sentiamo noi stessi mossa quest’ accusa dal Piemontese generale Sobre-ro, incaricato del portafoglio della guerra presso il Governo provvisorio di Milano, quando già si operava la ritirata dell’ armata dal Mincio. Noi pure crediamo che la Lombardia avesse dovuto concorrere, più efficacemente che non ha fatto, alla guerra dell'indipendenza, il Governo provvisorio, ed in ispecie il ministero della guerra, che del resto fu coperto, ; meno ì primi giorni della rivoluzione, da Piemontesi, cioè da Collegno prima e da So-brero di poi, renderanno ragione all’ llaliit di ciò che avrebbero potuto lare e non hanno fatto : ed in particolare renderanno ragiono come non s’abbia tenuto conto degli, elementi generosi insurrezionali, tutti propri di una guerra nazionale. Pur nondimeno diciamo che 1* accusa che ci viene buttata in faccia non è fondata abbastanza per un pretesto a*l una sleale diserzione. Quarantaduemila Lombardi, dei quali quattordicimila volontarii ed il rimanente truppe regolari, hanno preso parte alla guerra clic si combatte, Lo Slelvio, il Tonale, il Caffaro furono sempre guardati da vo 1 ontarir Iombardi, che seppero soffrire ogni disagio e respinsero ripetutamente il nemico con coraggio degno di migliori dentini : e codesti volontarii tengono tuttora intrèpidi le valli subalpine, dove vivo si conserva il sacro fuoco deli5 insurrezione nazionali’. Anche dopo la capitolazione di Milano ebbero i volontari lombardi brillanti fatti d’ arme a Lonaio, allo Su-Ì'vio ed a Luino. Nel Tirolo fecero prova di un valore disperato , che non sarebbe stato sì