342 Si hanno notizie positive che l’imperatore, e l’imperial famiglia abbiano lasciato ier mattina Sehònbrunn, seguiti dalla corte e scortati da 2000 uomini di truppe. Altri 4000 uomini guardavano il palazzo imperiale e la via per la quale avea a passare l’imperatore. L’imperatore ha lasciato un manifesto, nel quale si lagna amaramente che la quiete pubblica sia stata turbata, e che il popolo si sia permesso delle violenze; dice di voler adottare tutte le misure necessarie onde ristabilire l’ordine pubblico e lo stato legale delle cose. Questo manifesto (che vi spedirò domani) fu presentato al ministro Krauss perchè lo contrassegnasse, ciò ch’egli ha rifiutato. Non si può ancora conoscere il numero di quelli che qui sono caduti; nel solo ospitale generale giacciono quest’oggi 90 morti. Presso l’arsenale caddero 30 a 40 tra civili e militari, sul ponte del Tabor 5 studenti e 25 soldati. Togliamo poi ad un foglio della capitale la seguente descrizione dei terribili avvenimenti del 6 corrente : Gli avvenimenti di ieri sorpresero la popolazione di Vienna come un lampo a ciclo sereno; nessuno li aveva presentiti, e nessuno è in adesso in grado di riconoscerne l’importanza. Certo egli è però che noi siamo entrati in una nuova fase della nostra rivoluzione, le cui conseguenze per l’Austria sono incalcolabili, come non può calcolarsi quale influenza ella avrà nella Germania tutta. Ci limitiamo quindi quest’oggi a dare una semplice descrizione degli avvenimenti, come li abbiamo veduti succedere sotto ai nostri occhi ieri ed oggi. Ier Faltro ancora (il 5 corr.) appena comparso il manifesto dell’imperatore agli Ungheresi, del quale ne vennero vendute nelle vie migliaia di esemplari, si palesò in tutta la città un’agitazione degli spiriti, la quale traeva la sua origine parte dalle simpatie del popolo per gli Ungheresi, parte dal dispetto destalo da varii provvedimenti del ministero lungo tempo aspettati, e riusciti poi tult’altro che franchi e sinceri. Verso sera, si sparse la voce, che una gran parte della guarnigione di Vienna doveva partire per recarsi in aiuto di Jellacic contro agli Ungheresi. Alcuni soldati, specialmente poi dei granatieri Italiani, comparvero nei club per chiedere consiglio e l’ebbero. Il primo battaglione del reggimento Ceccopieri era però già partito sulla strada ferrata del Nord, non già senza far qualche resistenza, ma però senza clic vi scoppiasse aperta rivolta. Il secondo battaglione dichiarò però apertamente, che non voleva andare in Ungheria per combattere in favore dei Croati. Il ministro della guerra, F infelice Latour, insistette sulla partenza. Ei fece avanzare contro quel battaglione dei cannoni, della cavalleria e due battaglioni di truppe boeme e polacche; ambedue le parli si stavano già di fronte pronte alla battaglia, quando fra le 8 e le 9 della mattina comparvero dei distaccamenti della guardia nazionale, e verso le 40, della legione accademica, da prima per interporre la loro mediazione, poi per prendere partito in favore degli Italiani. Durava già un’ora Io stalo terribile, sul quale alla sola distanza di 150 passi si stavano di fronte in armi i due partiti, attendendo ad ogni momento che si cominciasse la pugna. Nel frattempo erano accorsi migliaia di operai, la maggior parte