486 luna con una volubile ruota c col capo chiomato dinanzi e calvo di dietro, se non per avvertirci che l'occasione va colta rapidamente, perchè, se improvvidi o lenti noi la lasciamo sfuggire, essa non si presenterà più un’altra volta, o se si presenterà, mentre avrem fede che ci porga la Ironie, ci volgerà con disdegno le spalle. (Bene! bene!) Aspettiamo, disse il signor ministro, aspettiamo che l'Austria siasi consunta colle sue convulsioni, e allora sarà tempo di correre alle armi. Ebbene, io credo che in questa Camera nessuno vorrà biasimarmi, se io dichiaro francamente che, piuttosto di dovere la vittoria all’austriaco suicidio, vorrei che fosse dovuta al valore italiano. (Applausi.) Noi abbiamo troppe offese a vendicare, troppi conli a chiedere, troppi insilili da cancellare, e troppo della nostra ultima ritirata menò vanto l’Austriaco, perchè noi non dobbiamo desiderare con tutta l’anima nostra di provare allo straniero, che ci guarda e sorride, che la campana dei siculi vesperi e la tromba della Lega lombarda non sonò antichi orgogli, ma glorie recenti. (Applausi prolungati) Rammentate che da anni e da secoli gl’italiani van rispondendo alle accuse straniere, che ai fatti d'Italia ostano i tempi, le condizioni, i trattati dei gabinetti, le alleanze dei re e le divisioni dei popoli. Ebbene! i tempi son giunti, le condizioni son fauste, i trattati di Vienna furono lacerati, le alleanze dei re furono infrante, i popoli gridano con voto concorde: libertà e indipendenza; che volete di più? . . . attendete, temporeggiate ancora, e alle straniere accuse non avrete più altro ad opporre che il silenzio e la rassegnazione. (Bravo! bravo!) Ma clic dico attendere? che dico temporeggiare? . . . Sapete voi quello che farete con gl’indugiamenti vostri? Mi proverò a dirvelo con quella maggior calma, che l’impeto del dolore mi potrà concedere. Voi adottaste per vangelo politico la stabilità del regno dell’alta Italia: son quindi per noi Milano e Venezia, coma Genova e Torino; e a fronte di ciò voi permettete che il barbaro faccia scempio delle vostre città, delle vostre terre, dei popoli vostri. E questo è poco. Attendete, temporeggiate pure : quando verrà, secondo voi, il tempo di rompere gl’indugi, sapete in quale stato troverete la Lombardia? . . . Lasciate che il Boemo continui a saccheggiarla, che il Bavaro pro-siegua a incenderla, che il Croato non si stanchi d’insanguinarla, e voi, quando sonerà l’ora della riscossa, voi riconquisterete città distrutte, terre deserte, campagne devastate, popolazioni squallide. Voi regnerete allora, ma regnerete sulle rovine e sopra le ceneri. (Granili c vivissimi oppiasi.) NelTintento di provarci come l’Inghilterra e la Francia volessero il vantaggio nostro, e ci corresse obbligo di confidare in esse per la bene avviata mediazione, il signor ministro e il signor deputato di Torino mi chiamarono a considerazioni di politica estera di moltissima importanza. L’Inghilterra, ci diceva il deputato Cavour, è condotta dai suoi materiali interessi a desiderare l’italiana indipendenza; e qui con rara dottrina ci svolgeva le condizioni dell’industria e del commercio britanno; e conchiudeva che l’Inghilterra vuol sempre quello che vogliono gl’interessi suoi. Io non so se l’Inghilterra sarà molto grata al signor Cavour di averla