449 23 Ottobre. NOI JACOPO MONI CO Cardinale Prete della Santa Romana Chiesa del titolo dei SS. MM. Nereo ed Achilleo per Divina Misericordia, Patriarca di Venezia, Primate della Dalmazia, Metropolita delle Provincie Venete, Abbate commendatario perpetuo di S. Cipriano di Murano. Al venerabile Clero e dilettissimo Popolo della Città e Diocesi salute e benedizione. Le raccomandazioni da Noi fatte colla lettera pastorale 42 p. p. Settembre N. 988. al Clero ed al Popolo, per eccitar tutti a pregare, sortirono generalmente un ottimo effetto. Anche in questa occasione la pietà pubblica si ha fatto e si fa tutt’ora chiaramente conoscere co! numeroso concorso alle Chiese, colla frequenza de’Sacramenti, e colle opere di cristiana mortificazione e di civica beneficenza, in un modo veramente edi-licante, e che inspira la più dolce speranza di ottener da Dio quelle grazie, che formano l’oggetto de’nostri fervidi voti. In fatti se la prevaricatrice Sodoma sarebbesi sottratta all’ultimo eccidio per dieci soli giusti, che si fossero in essa trovali, quanto più è da confidare, che sia protetta dal Ciclo una Città come questa, in cui tante anime pure congiurano santamente colie loro preghiere a disarmar de’suoi flagelli la divina Giustizia! Ma la nostra fiducia, o Dilettissimi, non dee mai scompagnarsi da un saggio e religioso timore. Ahimè! nel campo evangelico si frammischia sempre al buon grano molta zizzania, che l’uom nemico a piene mani vi semina sopra. Accanto a quella fede immacolata, che dall’origine delia Città passò lino a noi, come il più prezioso retaggio, sorgono rigogliose pur troppo e minacciano di soffocare i germogli del seme eletto, le rie massime di empietà, e di miscredenza, e le orrende bestemmie, e gli scherni e i dispregi sacrileghi di quanto v’ha di più sacro e venerabile in cielo ed in terra. Presso la carità fraterna, che fu sempre ed è ancora I ornamento più belio della veneta Chiesa, mettono radice gli odii, !e ire, le gelosie, le inimicizie, le invidie, e quel freddo egoismo, che vede languir d’inedia il fratello, e non si cura di stendergli una mano soccorrevole, nè di confortarlo con un detto, o uno sguardo pietoso. A iato di quella onoratezza e giustizia, eh’è già antica e quasi proverbiale fra noi, osano spesso vegetare le usure, le frodi, i monopolii, li tradimenti dolosi^ che immergono nella desolazione e nel lutto tante innocenti famiglie. Alla pudicizia cresce vicina non di rado la dissolutezza, alla sobrietà l’intem-peranza, all’umiltà la superbia, all’ingenuità la doppiezza, alile virtù in somma di ogni genere i vizii più nefandi, che offendono 1’ umanità, la religione e la patria. Ora in tal mescolanza di bene o di male chi può sapere qyale delle due masse preponderi? Non altri che Dio: Dio solo che le pesa ambedue con infiessiBU rigore, ne conosce giustamente la gravità rispettiva. Ma