193 le radici del veyeto governo; le pubbliche necessità, l'angustia de’conlini traevano noi a contrastarvi il primato de’mari, e con voi a dividerne la signoria. Le nostre città entrambe nate libere, entrambe si avventavano sull’elemento che pareva fosse il campo designato dove meglio potessero far trionfare l’ingenito istinto dell’assoluta libertà che amendue i popoli travagliava. In Italia, Venezia e Genova non voleano servitù forestiera; quando il primo Federigo osò attentare alla libertà de’ comuni, Genova providde di aiuti e di danari la lega lombarda, e Oberto Spinola a quel barbaro invasore delle nostre franchigie disse parole di altissima minaccia; mentre Venezia lo riduceva a pace nella propria città. In appresso voi e noi c’incontrammo fatalmente a pugnare in ogni parte di mare, perocché ogni mare si trovasse in nostra balia, e il lione di San Marco e la croce purpurea sventolassero ili tutte le rade del Mediterraneo, in tutti i più reconditi ed aspri golfi della Grecia, nelle aride spiaggie dell’Africa e nelle vaste ed incantate dell’Asia. E quando all’antico mondo parve ristretto e poco il proprio dominio, Venezia e Genova dilatavano l’angustia di quel vecchio emisfero, gettavansi nell’Oceano, e quinci ad Oriente e quindi ad Occidente trovavano nuovi liti e paesi, finché, mercè l’opera di Colombo, riuscivano alF immortale discoprimento. E Italia per Venezia e per Genova stette massimamente in suo primato di libertà e d’indipendenza, e all’Europa, e all’Asia, e all’Africa e alla discoperta terra americana, impose la sua religione, le sue leggi, i suoi costumi e il suo imperio sotto la di cui maestà si raccolse l’universo incivilito dalle galee di queste due magnanime repubbliche. Intanto vennero i di funesti all’Italia; e delle ampie vie dischiuse al commercio da Voi e da Noi, fecersi signori i barbari, le potenze trans-atlantiche si addentrarono nell’Asia, percorsero l’Africa, colonizzarono l’America, e Carlo V, statua colossale, apogeo del medio evo destinato a rappresentare un sommo imperio, con somma perfidia gettò gli artigli dell’aquila imperiale nelle viscere d’Europa, e Italia più che ogni altra terra crudelmente dilaniò; allo strazio si univa il Pontificato che le ecclesiastiche e civili libertà stuprava per sempre in Bologna, e una potenza formala di popolo, confortata di religione trasformava in assoluta ed oppressiva, sicché fino a’nostri tempi fu il papato alleanza di tirannide, e lo sarà tuttavia poiché Pio IX ha diserta la causa de’popoli. Stettero ancora Venezia e Genova nella italiana sciagura ultimo e solo propugnacolo d’indipendenza, dappoiché debbesi a Voi, se la barbarie ottomana non allagò l’Europa, e a noi se la barbarie tedesca non proruppe tutta ed oppresse l’Italia. Alfine il moto europeo compreso nella rivoluzione di Francia schiantava dalle fondamenta le vecchie monarchie e con esse correvano la sinistra fortuna le due repubbliche; giacquero in prima sotto la spada di Napoleone, e poi sotto le insidie di Vienna : i più longevi Stali andarono cosi in dissoluzione, nè la statua della vera italica libertà rappresentata dalle due nostre più grandi repubbliche ebbe mai altro velo che questo della tirannide Napoleonica, e dell’infamia dei principi convenuti in Vienna. Oh ! Veneziani, noi entrambi cademmo, ma testé Voi la risurrezione T. IV. 13