222 sacrificio per meritarla. La guerra d’Italia è guerra di libertà, di progresso, di sviluppo nazionale, spontaneo, non inceppato, non guasto dall’influenza straniera. Nell’influenza austriaca noi vediamo il più grave, il più fatale ostacolo all’originalità della nostra vita politica e però abbiam deciso di combatterla lino all’estremo. Gl’Italiani rivendicano il libero esercizio della sovranità che risiede in essi, rivendicano il diritto inviolabile di rintracciare con facoltà proprie la forma, che meglio convenga a quella sovranità. Nessuno può sostituirsi ad essi in questo lavoro d’ordine interno. I principi accettati fino ad oggi lo furono come capi della crociata di libertà, come duci dell’armi che dovevano rovesciare ogni ostacolo al libero compimento di quel lavoro. Tradita la loro missione, dimostrati impotenti o nemici, fallito l’intento del patto che s’era stretto con essi, quel patto fu rotto. I principi hanno perduto ogni diritto a invocarlo. I popoli, delusi nelle mal concette speranze, si rivolsero ai popoli. Gl’Italiani, i Lombardo-Veneti segnatamente, più direttamente minacciati nelle sorti dell’indipendenza concentrata in Venezia, richiesero e richiedono d’aiuto fraterno la Francia. E questa richiesta valeva e vale: Noi, popolazioni d’Italia, tradite nei nostri supremi bisogni dai nostri principi e date da essi sprovvedute e pressoché inermi al mal governo dell’Austria, tendiamo con fiducia una mano, che ha combattuto, alla Francia sorella, perchè, come noi spargemmo per molti anni e per molte terre il nostro sangue a prò della sua potenza e della sua gloria, essti dia oggi a lianco delie nostre legioni il suo per la nostra libertà che è parte della sua e della libertà dell’Europa. Noi chiediamo alla Francia repubblicana di stringere con noi un patto tanto più generoso quanto più invocato nella sventura: chiediamo alla Francia risorta, alla Francia che dichiarava poc’anzi rotti in diritto i trattati del 4815 e sante le nazionalità, di mantenere per onor suo e salute nostra intatta la fede data ai popoli con quelle parole e di unire la sua voce alla nostra, la sua spada alla nostra per arrestare i nuovi progressi dell’usurpazione che minacciano, nel principio della libertà e del diritto, la nostra vita e la sua. E questo chiediamo con illimitata fiducia. La Francia che da sessantanni combatte pel libero sviluppo della vita politica delle nazioni, la Francia che ha collocato a capo delle sue leggi il dogma della sovranità popolare, non può contaminarsi di transazioni codarde colla vecchia diplomazia, non può imporre all’aiuto suo condizioni, che violino quel dogma altrove, che disonorino a un tempo la sua bella bandiera e la nostra. Francia e lealtà generosa di fede politica sono per noi voci meritamente sinonime. Attraverso ogni mediazione, la sovranità del popolo Lombardo-Veneto rimarrà dunque intatta e libera nel suo esercizio. Gl’Italiani hanno richiesto la Francia d’aiuto, non di vincoli o di limitazioni, ma all’indipendenza. Che se neppure per la Frauda repubblicana fossero maturi i tempi alla franca e leale fratellanza delle nazioni: se neppure dalla Francia repubblicana i popoli potessero sperare una diplomazia diversa da quella di Luigi XVIH e di Luigi Filippo: — noi diremmo con profondo dolore ma senza disperato sconforto alla Francia: lasciateci soli alle nostre sorti: soli a combatter» pel principio di nazionalità che voi avevate promesso