162 di principi italiani dall’un canto, mentre dall’altro codesti principi stessi posero nelle mani arbitre della forza straniera la vita politica de’ loro popoli? Cessino alla iìne per Dio codesti tranelli, e se i popoli non gli intendono pel verso, sorgano libere voci in terra libera a chiarirli, a protestare contro di essi, perchè i nostri nepoli ai quali i dottrinarii lasciano per legato altre rivoluzioni da compiersi, altro sangue a versarsi, non ci mettano a mazzo con coloro che ci stanno trafficando. E poiché per virtù di principi venticinque milioni d’italiani tutti frementi per libertà, e chiedenti di sedere alla perline come nazione nei comizii dell’ umanità, videro tornar vane le loro forze sottilmente o ingannevolmente adoperate, sorga intrepida Venezia e per virtù di popolo acquisti all’Italia il diritto di potersi nominare senza rossore, e provare al mondo che la volontà dei popoli che sanno fortemente e santamente volere, è inespugnabile volontà d’iddio. GIUSEPPE REVERE. 21 Settembre. 1 PROFUGHI WM VENETA TERRAFERMA AI VENEZIANI. Se nel pericolo di un vergognoso abbandono, che sembra minacciare le nostre Provincie, noi ci siamo raccolti per levare la voce di uomini liberi, e per dare una prova di quella non mai rotta concordia, che al libero Governo di Venezia ci unisce, non abbiamo voluto che le nostre Adunanze di altro si occupassero, se prima una testimonianza della nostra gratitudine non vi avessimo deliberata solennemente. Veneziani fratelli! Noi fummo colpiti dalla più grande delle sventure! Cbè l’angoscia di cedere all’armi nemiche le nostre terre natali, il delirio di saper oltraggiati quei luoghi, che noi santificammo con una libertà dignitosamente riconquistata, il crepacuore che il bacio materno fosse l’estremo, e il mesto saluto di chi dovea rimanere, fosse il congedo novissimo, nò che paragone non hanno. Dio! quante volte ci rivolgemmo piangenti a dare un vale mestissimo alle torri delle nostre città, dei nostri villaggi, a salutare ancora una volta con fremito di dolore l’estreme creste dell’Alpi anco una volta valicate dallo straniero ! ! Noi, noi soli possiamo comprendere quei momenti solenni, noi, noi soli sentire quanto torni soave la premura di altri fratelli a mitigare le dolorose ferite. E voi questo balsamo lo versaste con generosità delicata. Ce lo versaste allora che ci siamo avvicinati a queste lagune, e ci avete accolti col bacio fraterno. Ce lo versaste quando a molti di noi, stremati di ogni cosa, avete aperto una fonte di soccorso. Quando ci invitaste ospiti benvenuti nelle vostre famiglie, e larghi ci foste di quelle consolazioni, che addormentano, foss’anco per poco, i dolori dell’esule. Che se per tutti questi benelicii noi vi indirizziamo con espansione di affetto un rendimento di grazie quai fratelli a fratelli, mille ve ne tributiamo quali Italiani ad Italiani per averci finora conservata la vera libertà, per aver decretato che la vostra città divenisse l’asilo degli uomini