180 nacque il viaggiatore, l’opera del quale ispirò Cristoforo Colombo, e tre repubbliche italiane, come tre ruscelli riuniti, scopersero l’America. 24 Settembre. ESTRATTO DAL CORRIERE MERCANTILE DI GENOVA DEL 18 SETTEMBRE 1848. Genova, il settembre. Nella sera di sabbato (16) davasi nel Teatro Carlo Felice una grande Accademia poetica ¡strumentale e vocale a prò di Venezia. Immensa era la folla convenuta per quell’opera santissima. — Il trattenimento era diviso in tre parti. Nella prima si distinsero, tra i cantanti, le signore Abbadia, Parodi, De Giulj-Borsi e Gazzaniga, e i signori Brunacci, Gitone e Garibaldi. Il signor Giuseppe Venturi di Trento, giovane di distinto ingegno poetico e provato valor militare, declamò il primo canto di un suo poema in onore della gioventù Patavina. Le cospicue bellezze poetiche che ad ogni strofa splendono in quell’ispirato frammento, venivano accolte con ripetute salve di applausi. Nella seconda parte i signori Manari, Bianchi e Mirate e la signora Sannazzari aggiungevansi alla eletta schiera degli artisti, ed il Maifneli diceva una poesia a Venezia e a Milano, sfavillante per quei grandi concetti che lo costituiscono una tra le più fondate speranze della gloria letteraria Italiana. Chiudevasi nella terza parte la serata con scelti squarci di musica e con un inno a Venezia del sig. Arnaldo Fusinato da Vicenza, giovane noto alla patria nostra per caldo sentire e per forte intelletto non meno che per coraggio cittadino. Il Fusinato pubblicherà fra breve alcupe sue poesie con quella di Mameli a benefizio di Venezia. Non solamente gli egregi artisti che cantarono nella sera di sabbato si prestarono gratuitamente al nobile scopo di soccorrere quella Venezia che può considerarsi vero sacrario dell’indipendenza Italiana, ma ben anco vi concorsero per la somma di lire nuove 600. Circa tre mila biglietti si esitarono a 5 fr. cadauno. È bello il vedere la superba capitale della Liguria soccorrere tanto splendidamente la sua grande sorella dell’Adria, quella gran Mendica per la quale l’amico nostro Mameli con queste parole impetrava : » Date a Venezia un obolo; Non ha la gran Mendica Che fiotti, ardire ed alighe Perchè è del mar l’amica. Sola fra tante infamie Ella è la nostra gloria. Un’altra turpe istoria, Se questa illustre povera Viene a morir di stento, Udrebbe il mondo intento : Pane chiedea Venezia E niuno un pan le diè! «