13 2 Settembre. (dall1 Indipendente) ITaXiia. Discorso di Vincenzo Gioberti nella seduta del Circolo politico nazionale di Torino del 23 agosto 1848. Signori, Mentre il parlamento è sospeso , il governo vacilla, i tempi incalzano, la causa italiana precipita, le sette abbattute ripigliano l'antico vigore e le smarrite speranze, egli è debito di ogni buono e animoso cittadino il sovvenire coll’opera e coi consigli alla patria pericolante. E la parola dell’individuo non è mai più autorevole che quando suona ripetuta sulla bocca di molti; i quali uniti insieme dagli stessi principii e al medesimo scopo aspiranti rendono quasi una viva imagine della nazione. Nè importa che gli uomini siano privati e 1’ accordo dei pensieri non sia perfetto da ogni parte ; imperocché nei casi estremi l’indirizzo effettivo delle cose spetta all’ardire ed al senno insieme congiunti; e quando lo scettro della pubblica opinione giace, chi lo raccoglie è signore. Le qui-stioni concernenti la forma politica e le instituzioni riescono secondarie e i dispareri di questa specie poco importano allorché si agitano i supremi interessi dell’ unione e. autonomia nazionale. L’ uomo illustre che a voi presiede pochi giorni fa mi diceva colla sua consueta facondia chè oggi ogni altra considerazione vuol essere posposta al bisogno urgentissimo d’impedire che la nazionalità italiana effettuata per un solo istante nello spazio di tanti secoli, torni ad essere uri sogno e un desiderio come in addietro. Animato da queste savie parole e mosso dal vostro gentilissimo invito, io mi presento con fiducia a voi, o signori, non solo per ringraziarvi dell’ alto onore che mi faceste, elegendomi a vostro socio onorario, ma eziandio per intrattenervi brevemente sulle condizioni infelicissime del nostro paese; chè per quanto possiam dissentire sulle cose di minor rilievo, ci farebbe gravissima ingiuria chi non ci credesse unanimi di mente e di cuore per ciò che riguarda l’onore e la salute della patria. Io parlerò chiaro ed aperto, perchè questo non è tempo di riguardi, di cautele, di reticenze. Conosco la riserva e la delicatezza ingiunte a chi ebbe qualche parte nella pubblica amministrazione; e io non intendo scostarmene dove possa osservarle senza dissimulare i mali che ci travagliano e i pericoli che ci minacciano. Ma siccome la prudenza diventa follia se torna a danno delia comune salvezza, io vi aprirò ciò che questa mi suggerisce alla lingua senz’altro rispetto; io vi dirò il vero e, per quanto mi è dato di farlo, squarcerò il velo che lo cuopre arditamente. La verità è questa, o signori. Noi crediamo ancora di vivere sotto quegli ordini costituzionali che il magnanimo nostro principe ci diede con generosità senza pari; concorrendo allo stesso effetto il voto unanime della nazione. Noi crediamo di esser liberi e di poter rinvenire nel