31 mal vantata libertà di opinione, che essi fanno appoggiare sulla coscienza, mi credo in diritto di proclamarli pericolosi alla libertà nostra, e tali che il Governo li tenga in osservazione, onde non si rinnovelli lo scandalo di vedere nei Giornali invocate le ipocrite promesse dell’Austria, e con logica austriaca dichiarato il precipizio d’Italia quand’ella irrompa una seconda volta. Per questi non ho parole (4). Dirò bene a chi sente l’onore d’Italia, c lo dirò sempre che le negoziazioni diplomatiche mi spaventano. Non ch’io sia tra coloro che tutto vedono in nero, poiché, a dirla schietta, cotestoro non altro desiderano che vedere aggiunta al nero una striscia di giallo; ma pur pure le negoziazioni diplomatiche mi spaventano. Converrebbe esser digiuno affatto di storia patria per viver sicuri sulle conventicole dei gabinetti, ove tante volte si ribadirono le catene della penisola, o tati’ al più se le fornirono di rose ad ingannare i padri nostri. Non fu solo il trattato di Campo-formio, che meritò il titolo d’infame; altri ne lurono e più vergognosi d’assai. Nè è a dire che Italia non si armasse altre volte a cacciar lo straniero, e in lega formidabile non si stringesse, e in immortali battaglie non lo abbia conquiso. E vero del pari che i nostri padri operarono prodigj, che noi non abbiamo potuto ancora arrivare; ma pure l’ingordigia e l’infamia da un lato, la buona fede dall’altro, fecero sinora di questa fatale nazione un campo di obbrobriosa schiavitù; e il più delle volte il diritto italiano fu svenato nell’ ombra dei gabinetti. Dirà forse taluno che un novello assassinio d’Italia o di una parte d’Italia, non può avverarsi nel secolo XIX. Ma prego a osservare, che ogni secolo ebbe il suo progresso relativo: progredirono i popoli, ma anche i principi. I primi nella conoscenza dei loro diritti, i secondi nella scienza di calpestarli legalmente. Francia e Inghilterra, messe a parte le eterne gelosie, cordialmente si unirono a interporre la loro influenza fra Austria e Sardegna. Sardegna vuoisi dunque rappresenti anche il Lombardo-Veneto? Sia. La fusione o bene o male si è fatta, e conviene diplomaticamente adattarvisi. Ma Venezia? Venezia è ora padrona di sè; quello che la violenza impose, il popolo abbattè. Nè il popolo di Venezia è dissimile da quel di Milano; e io ardisco a nome di essi, e mi perdonino l’ardimento, proclamare in faccia all’Europa, che se la mediazione Anglo-Francese darà per frutto l’affrancamento illimitato di tutta Italia, se l’Austriaco torrà il piede da questo suolo che non è suo, se noi avremo quella nazionalità per cui si sparse tanto sangue, se non l’Adige o il Mincio, ma le Alpi saran poste a barriera, se la pace sarà onorevole anche per noi, noi accetteremo i protocolli delle conferenze. Che se invece si volesse tener conto soltanto dei diritti e degli interessi dei principi sacrificando i diritti imprescrittibili dei popoli, se le diplomazie piegassero innanzi alla contraddittoria Assemblea di Francoforte, che colla stessa mano segna la guerra alla Danimarca e all’Italia, o innanzi alla babelica Costituente di Vienna; se di questa Italia vorranno ricomporre ancora un mostro politico, se della Venezia volessero servirsi di barriera, staccandola dagli altri fratelli e rimunerando così i sacrificii della Regina dell’Adria, sappiano le diplomaci) Vedi il Vaglio j settembre 18^8.