389 . Eppur bolle negl’ itali pelli il prisco valore, eppur ferve infiammalo il desio delle battaglie, eppur squilla la tromba di guerra, s’ode il rintocco delle campane, il rantolo de' moribondi e morenti lacera il cuore. Perchè dunque non s’irrompe con furia irresistibile sulle vandaliche masnade, perchè non si cingono di un cerchio di fuoco le orde selvagge dei Croati e degli Unni, che appestano la nostra aria, ammorbano la limpida luce del nostro sole, isteriliscono i floridi nostri vignetti, inselvatichiscono gli orti, i prati, i giardini, in cui natura ed arte tanta copia profusero di vegetazione e di vita. L’eroica Genova perchè non esce dalla cinghia delle insormontabili sue mura, e qual corrente sterminatore perchè mai non iseende sui piani lombardi? Venezia, la invincibile, la indomabile, baluardo stupendo dell’itala libertà, dell’itala indipendenza, perchè mai non trascina le mille e mille ignivome sue bocche contro gli austriaci masnadieri sui veneti campi, perchè non seconda lo slancio impetuoso dei validi suoi difensori, che anelano di misurarsi col crudele straniero, a cui vonno scavar la tomba nelle loro maremme? Perchè mai non si pianta il vessillo italiano al margine delle venete lagune, onde attorno quello si accolgano i valorosi montanari del Cadore, del Bellunese e del Friuli, i terrazzani gagliardi dei beriei colli, delle montagne e delle pianure vicentine, veronesi e trivigiane? All’armi all’armi, e sempre avanti, sia il grido concitato ch’esca ed alto si espanda dal veneto estuario alla Brianza, allo Stelvio, al Tonale, alle carniche rupi, alla rocca d’Osoppo, e le torme dei selvaggi cadranno sotto i colpi incessanti dei nostri fucili, delle nostre carabine, dei nostri cannoni. Che cosa valgono mai centomila prezzolati assassini dell’Austria contro cinque milioni di liberi petti italiani? Possibile che da cinque milioni di abitanti trar non si debbano almeno duecentomila prodi, che prodighi della generosa loro anima corrano a cimentarsi sul campo col baldanzoso, ma sempre vigliacco austriaco? Possibile che non ci sieno Ira noi tre o qnatlro intrepidi condottieri, i quali brandendo alto 1’ acciaro per la libertà d’Italia, non guidino alla vittoria le schiere numerose de’volontarii, che fremono di sdegno per l’inerzia a cui si veggono dannati. Garibaldi, Fanti, Moraudi e GrifTìni, non s’impegnerebbero forse di capitanare le compagnie elette degli animosi giovani lombardi veneti, romani, siculi, liguri, toscani e napolitani per far strage delle austriache belve, per calpestarne l’ossa appiè delle Alpi e ai margini dell’Isonzo? Ma fino a tanto che si pensa, si discute, si propone e non si eseguisce; fino a tanto che gridasi indietro anziché avutiti avanti! imbaldanzisce il nemico, col ferro e col fuoco diserta le nostre campagne, le nostre ville, le nostre città, miete le vite de’ nostri più cari, come si mietono le messi sui pingui nostri terreni, e la Lombardia e la Venezia sono immerse nello squallore, nel sangue, nella desolazione, nel lutto. Fucili e cannoni ne abbiamo, a mille a mille accorrono i combattenti da tutte le contrade d’Italia a Venezia; s’oda lo squillo delle trombe guerriere, il suono a stormo delle campane; Genova e Livorno rispon-