58 dei tre membri del Corpo municipale sulla natura dei singoli patti onde ne fosse migliorata la condizione dei cittadini. Si domandò come avvenisse che l’esercito lombardo non fosse stato contemplato nella capitolazione , ed a questa interpellazione rispose il generale Bara, che era sua opinione individuale, che i soldati lombardi avrebbero potuto seguire r armata come cittadini: che però punto non guarentiva tale sua interpretazione del relativo patto della capitolazione. Così il re abbandonava all’ interpretazione più o meno benigna che avrebbe dato Radetzky ad un patto dubbio della capitolazione il sapere se i trentamila soldati dell’esercito lombardo sarebbero o no stati fucilati come ribelli ! Saputosi appena in città che una capitolazione era seguita, s’alzò un grido d’indignazione, e, dicasi pure, di disperato furore. Si gridò al tradimento. Vagavano i cittadini forsennati per la città, protestando contro l’ignominioso patto; per ogni dove risuonava il grido: piuttosto morire che vedere ancora gli austriaci! Alcuni fra quelli, che i primi aparsero nella città la notizia della capitolazione, furono uccisi a furore di popolo quasi ne fossero stati complici, o fossero agenti prezzolati dal nemico per portare la confusione e l’anarchia: tanta fatica costò il persuadersi che potesse nemmeno sorgere l’idea d’una capitolazione. La casa Greppi, dove abitava il re, fu barricata, ne furono guardate le sortite, e quando ne escirono gli equipaggi e i convogli, il popolo staccò i cavalli e coi carri rovesciati chiudeva la via. Fu anche scaricato qualche fucile contro le finestre dell’abitazione del re. Intanto i benemeriti signori Pompeo Litta ed Abate Anelli, i soli fra i membri del Governo provvisorio che fossero rimasti al loro posto, fatti interpreti del voto del popolo, ehe non voleva transazioni col nemico, pubblicarono un bando di protesta contro la capitolazione, di cui al re stesso fu presentato un esemplare. Alla protesta dei due membri del Governo provvisorio si associò il sig. Cesare Cantù. Aggiungiamo un altro fatto assai significante, che dimostra ad un tempo quale fosse la suscettività della Guardia nazionale e dei cittadini contro ogni benché lontana idea di capitolazione — e come invece gli aderenti del re cercassero anche indirettamente di favorirla, gettandone la responsabilità sui cittadini. Quando si avvicinò il pericolo per la città si trovò generalmente la convenienza di nominare il Podestà, carica municipale non peranco stata surrogata dopo che il conte Gabrio Casati fece parte del Governo provvisorio di Lombardia ed indi del ministero di T orino. Ordinariamente il Consiglio comunale propone una terna al Governo per la nomina del Podestà, ma stante la ur- genza del provvedimento, il Governo provvisorio autorizzò il Consiglio Municipale a nominarlo direttamente. Il Consiglio nominò il sig. avv. Agostino Sopransi ; ma essendo questi cognato del generale Welden, la Guardia nazionale e moltissimi cittadini, tuttoché tributassero alla persona del sig. Sopransi i sentimenti di ben dovuta stima, espressero il desiderio che ei non fosse Podestà, onde nemmeno apparentemente si potesse considerare come mediatore predisposto a negoziare una capitolazione per la città. Una deputazione della Guardia nazionale si presentò al sig. Gaetano Strigelli , membro del Governo provvisorio e Commissario reale per l’interno, e gli espresse codesto desiderio. Strigelli ne parlò a Sopransi , che diede la propria rinuncia. Fu convocato di nuovo il Consiglio comunale e ne fu nominato a Podestà il sig. Paolo Bassi. Il sig. Strigelli aveva convocato d’urgenza il Consiglio comunale per la sostituzione del sig. Sopransi senza darne partecipazione al generale Olivieri. Or quando questi seppe che in luogo di Sopransi era stato nominato Bassi, si dolse fortemente con Strigelli perchè avesse provocata la sostituzione di Sopransi. Olivieri desiderava che fosse Podestà di Milano il cognato di Welden, supponen-, dolo propenso alla capitolazione che da lu i Olivieri, dal suo partito gesuitico e dal re si voleva ad ogni costo. Pure allo spettacolo della tremenda reazione che l’annuncio della capitolazione destava nel popolo sotto gli stessi occhi del re, parve che questi ne fosse scosso, e ricevuta appena la protesta dei due membri del Governo provvisorio, fece proclamare dal balcone che, vedendo i cittadini tanto risoluti a difendersi, ei pure col suoi figli avrebbe versato fin 1’ ultima stilla di sangue per la difesa della città — che avrebbe pur sempre continuato a combattere per l’indipendenza d’Italia. I cittadini non credettero a codesto bando verbale, e vollero che il proclama fosse stampato, ciò che in fatti seguì. Codesto annunzio fu accolto da alcuni festosamente e da altri con incredula freddezza. Lo si ritenne dai più un mezzo di addormentare il popolo e di prepararsi così l’opportunità di sottrarsi dalla vigilanza dei cittadini, che lo volevano pegno prezioso perchè la capitolazione non seguisse. Infatti, mentre si proclamava dal re la determinazione di resistere, e mentre, per dare un’apparenza di verità a questa determinazione, continuavasi a far incendiare le case lungo la strada di circonvallazione, e mentre si mandava a qualche corpo di truppa il contrordine della partenza, altre truppe cominciavano a sfilare fuori della città: già si sguernivano i baluardi, già tutto nel campo era movimento per la partenza.