429 marzo con una formale capitolazione, c sciolta coll’armistizio del 5 agosto dalla corona di Sardegna di cui aveva accettato il patrocinio; il diritto di una città che cinquantanni di protezione non hanno potuto spogliare di quattordici secoli di gloria, nè dell’onore di aver salvata molte volte la cristianità, questo diritto inattaccabile dagli scrupoli dei più meticolosi giureconsulti, come potrebbe non riuscire evidente agli occhi di quelli che non riconoscono ai congressi dei re il privilegio di lacerare la storia e di trafficar le nazioni? E se pare che i Veneziani abbiano mal sostenuto così bei titoli, il sig. Tommaseo si lagna del silenzio della stampa che ha troppo mal conosciuto l’eroica resistenza di Treviso, i combattenti accaniti dei montanari del Cadore, arrestando per sei settimane la marcia degl’imperiali, Palma bersagliata da ottocento e cinquanta bocche, senza che la sua guarnigione veneziana acconsentisse a deporre le armi, la flotta uscita dalle lagune facendo rispettare novellamente la bandiera di S. Marco sulle due rive dell’Adriatico. Una causa sì giusta e sì onorevolmente servita non può perire per la neutralità della Francia. Ben diverso dal volgo dei pubblicisti italiani, il sig. Tommaseo non fa insulto al popolo di cui egli ha conosciuta l’ospitalità e di cui egli invoca il soccorso. Egli rende alla Francia questa giustizia, ch'essa non ha mai tentato di intromettersi alla lotta italiana nascondendo delle impure cupidigie sotto delle apparenze cavalleresche. Essa non ha nulla promesso, essa non ha uè venduta, nè impegnala la sua spada; ma il suo dolere risulta dalla sua grandezza, dalla sua missione storica e dall’appoggio ch’ella non ha mai rifiutato alle nazioni tendenti ad emanciparsi. Sì, il dovere tra i suoi pericoli, porla altresì la sua ricompensa. « La Francia vuol esser inebriata di gloria e di sacrifizio, ella vuol guadagnare le sue giornate col sudore della sua fronte ed a prezzo del suo sangue » e chi sa se l’entusiasmo soddisfatto aldi fuori non porrebbe fine ai perigli domestici? D’altronde la Francia non ha d’uopo nemmeno di sguainare la spada, basta che la faccia risuonare nel fodero perchè il nemico abbandoni la sua preda; e l’autore s’adopra a dimostrare l’impossibilità di una guerra europea, facendo risultare l’isolamento inevitabile dell’Austria esausta, in mezzo agl’interessi contrarii dell’Inghilterra, della Germania, e della Russia. Ma il grande segreto del sig. Tommaseo per finir di vincer le resistenze dell’ opinione, è di confessare col dolore di 1111 buon cittadino e col candore di un onest’ uomo, i falli passati dell’ Italia. Egli separa se-curamente la santa causa della nazionalità dalle passioni detestabili, che 1 hanno compromessa agli occhi dell’Europa. Egli è con gioia che noi abbiamo veduto questo illustre italiano, che ha conosciuto egli pure i rigori dell’esilio e delle cattività, prendere la difesa del pontefice iniziatore di tutte le libertà del suo paese, e giustificare la grandezza di quei consigli nei quali gli oratori dei circoli non vedono che debolezza, e in cui 'a storia ammirerà l’amore del popolo spinto fino al sagrilìzio della popolarità. Sì, V Appello allu Francia ci ha fatto riconoscer l’Italia tal quale noi l’ahbiam sempre amata, sempre difesa, tale che noi non l’abbandona-i'einmo mai quand’anche avesse contro di sè la cospirazione dei gabinetti, come .la sorte dei campi di battaglia. In ogni città, sonovi le due città di T. 1Y. 9