\\1 sottoscrii li commettono ni senno della nazione francese e all'approvazione de'loro fratelli italiani la presente dichiarazione; e dose occorra, protesta. Lugano, \ settembre 1818. Giuseppe Mazzini presidente dcir.7$&octaiione Nazionale Italiana ■— Avv. Francesco Restelli e 1). Pietro Maestri, membri del Comitato di difesa di Lombardia — Giulio Spini, ex inviato del Governo provvisorio lombardo in Parigi — Carlo Zucchi, generale comandante la guardia nazionale di Lombardia — Pincherle, ex-ministro del commercio della repubblica veneta — Giuseppe Revere, redattore in capo dell’ Italia del popolo — Enrico Cernuschi, redattore dell’ Operaio — Romolo Grifiini, redattore della foce del popolo — Guglielmo Forlis, membro del comitato d’armamento e mobilizzazione della guardia nazionale lombarda ■—Paolo Honelli, segretario del suddetto comitato — Avv. Antonio Negri, redattore del Repubblicano di Milano. Troviamo in alcuni giornali francesi il seguente articolo: VENEZIA E LA LOMBARDIA. Non so se sia per caso che da qualche giorno si sente pronunciare in certi crocchi una parola, la quale impicciolendo la quistione d’Italia sembra volerla significare, ma non farebbe che complicarla, ed in modo più grave. Se, parlando della indipendenza del territorio lombardo, in-u'ce di parlare della indipendenza d'Italia come si faceva per lo innanzi, s’intende di comprendervi le provincie venete, io non ho che (lire, e questa è la sola interpretazione ragionevole che possa darsi a questa parola; che non è lecito sospettare che la Francia si voglia adoperare per suddividere un paese che vuoisi affrancare, peggio che non lo fosse prima di una lotta infelice ma onorevole. Se uno stato troppo iorte in Italia non potrebbe convenire a certe potenze; degli stati troppo deboli aprendo sempre l’adito a stranieri interventi diretti o indiretti, sarebbero per l’Europa un imbarazzo continuo, e diverrebbero ad ogni momento l’occasione di una guerra generale. Non parlo delle risorse economiche, le quali, in piccoli stati non darebbero ai vicini paesi tutto il vantaggio che potrebbero aspettarsi. Bla nel caso nostro i Veneziani separati dai Lombardi, e sempre intesi a ri-Co”giungersi in una sorte comune, sarebbero come due colonne d’aria di altezza ineguale, e d'una forza elettrica differente, le quali per mettersi m equilibrio cagionano il vento e la tempesta. Sarebbe pericoloso voler guarire un corpo malato, tagliandolo in due; sarebbe poco umano disgiungere ciò che la sventura medesima aveva unito; sarebbe ingiusto riserbare i proprii favori ad una parte della nazione, e rigettar l’altra neUe mani d’un nemico che non diverrà mai generoso. Dico che sarebbe ingiustizia. Certamente le cinque giornate di marzo s°no un fatto di cui non potrebbe contestarsi ai Milanesi l'onore se non da nemici acciecati o da perfidi amici; ma ciò che una sola città lombarda ha fallo per cinque sempre memorabili giorni, più d’un paese veneziano l’ha fatto per settimane e per mesi.