485 disposizioni, a proposito del blocco del nostro porto rinnovato dagli Austriaci, affinchè in brevissimo tempo siano salvi e sicuri non solo la libertà, ma si anche l’onore della nostra bandiera. Trattandosi di cose che involgono forse piani di guerra, il Governo si tenne in una assoluta riserva quanto alle particolarità; e questo era convenientissimo. Ma la sua dichiarazione è abbastanza esplicita, per essere preziosa a quei cittadini, che teneri del bene del paese, e del decoro delle nostre armi, conoscono i tre dittatori come persone di questo bene e di questo decoro senza alcun dubbio gelosissime. AI LOMBARDI ABITANTI NELLE TERRE DELLA PATRIA. Dalle stanze ospitali ove siamo spettacolo di pietà alle genti, e argomento di fremiti generosi, vi mandiamo, o fratelli, un ricordo del nostro affetto, un cenno delle nostre speranze. Oh noi ben sappiamo qual differenza contrasti la vostra condizione e la nostra! Noi divisi dai nostri cari, privi dei nostri beni, conduciamo vita disagiata e dolente. Ma ci è conforto la libertà della parola, la simpatia dei popoli frammezzo ai quali esuliamo, la speranza dell’avvenire! Voi all’ incontro siete negli artigli dèi nemico, ignari degli avvenimenti esterni, insultati da una ipocrita mitezza di governo, timorosi ad ogni istante che il barbaro non ritorni alla sua naturale ferocia. Ma fate cuore, o fratelli! L’Italia, la Lombardia non ponno lungamente appartenere ai barbari. La Francia ha incamminata la mediazione diplomatica e l’appoggia cogli apparecchi militari: nè l’Austria vorrà ostinarsi a rifiutare la mediazione, non vorrà costringere la Francia a rinnovare le glorie delle battaglie napoleoniche. E Dio volesse pure ch’ella il facesse! La generosa nazione freme di sdegno, chiede armi, anela alla guerra, e se ai suo ardore si frapponessero ostacoli, essa lo crediamo, li trascinerebbe con sè. Fate cuore, o fratelli! La causa italiana è causa europea, è causa dell’umanità. Ogni giorno ci vien notizia di qualche moto, che palesa l’agitazione ognora crescente in tutte parli d’Europa: quanto più violenta sarà la compressione, tanto più sarà violento lo scoppio. Ma badate che non dobbiamo tenere rivolti i nostri pensieri unicamente alla Francia e all’Europa, però che a noi pure corre obbligo di non mostrarci da meno di quello che siamo e possiamo. La nostra salvezza dobbiamo soprattutto aspettarcela da noi medesimi. Italia non è morta. Genova e Livorno danno prove di coraggio civile e si travagliano per le interne libertà; Venezia tien fermo, ed è parata a difendere l’indipendenza. Voi e noi, Lombardi, dobbiamo prepararci a rinnovare, quando che sia, le glorie del marzo. Frattanto serbate la dignità della comune sventura, non piegatevi a minacce, non cedete a promesse, non promovete amnistia, nè condoni. Tenete chiuse le vostre case agli sgherri dello straniero; nessun coni-