245 e pairii divisamenli. Imperocché non è a Firenze, 11011 a Roma, non a Napoli, nè a Torino, o\e si possa apertamente combattere lo straniero. Ili quelle città gl’intrepidi proponimenti scompajono al cospetto della reazione ordinata e risorgente; i\i popoli generosi aggirali ila un partito sottilmente avverso si veggono frangere in mano le armi; ivi la licenza viene ad arte sostituita ad ogni aspirazione di libertà, e con sodiate ire si spauriscono ¡ buoni e i timidi per modo ila farli disperare di mcn foschi destini, da far loro invocare il ritorno di quella quiete serva e ingloriosa, per la quale Italia da cinque secoli non aveva più voce Ira le nazioni. Alla mentita lega dei principi, lega inventata, perchè Italia accosciata sulle sue sventure attenda la luce donde vennero le tenebre, noi metteremo contro la solidaria lega dei popoli. Proveremo che una lega Ira i potenti d’Italia a benefizio dei popoli, è sogno od inganno: una dei popoli per la comunanza de’pericoli, debito e bisogno. Forti de’nostri convincimenti consacrali dal sacrifizio, noi non domandiamo perciò altro che affetto operoso. Vengano a noi i fratelli e chiariscano al mondo, che al pensiero democratico risponde Fazione, e che le prezzolate calunnie dei puntellato« del trono non possono altro che riconfermare Fabbiettezza di chi le vomita, la miseria del concetto politico di coloro, che ad esse prestano orecchio. Cosi, mentre le potenze mediatrici, sicure che i principi 11011 protesteranno contro le loro sentenze, agiteranno le nostre sorti, avranno a darsi almanco pensiero della vera mente, dell’animo dei popoli. L’Italia è per noi dove si combatte e non dove si traffica e negozia. Per noi è Italia dove si soffre, dove popoli maravigliosi di coraggio e di dignità scontano errori involontarii con atroce rassegnazione e protestano contro l’Austriaco con tale civile fierezza, da fare in guisa che il carnefice tremi al cospello della sua \illiina. Le fumanti rovine di Messina, la sommersa Sicilia, il sordo fremere di Napoli, cui le vampe delle arse città sorelle disnebbia alla fine il guasto intelletto, testimoniano che 11011 avrà libera pace l’Italia, se non si rimovano le cagioni di codesti inestimabili mali. La civiltà impaurita, oltraggiata, sorgerà alla perfine contro le potenze d’Europa, le quali si ricambiano note, mentre città intere vengono cancellate dalla faccia d’Ilaiia, mentre ferocemente dissennato il Croato corre per sua la terra che prima lo riparava. Egli è perciò che noi inviliamo i Circoli delle varie città d’Italia a portare fra noi col mezzo di rappresentanti il loro pensiero, e una colleganza d’opere da testimoniare, Venezia essere il punto ove tutte concorrono le forze democratiche della nazione, il luogo ove l’ interesse dei popoli ha il suo focolare. Da questa unità di concelto fortificato il principio che solo può francheggiare Italia, saranno inoltre combattute e a iute quelle istituzioni che in altri stati mirassero a ristaurare il principio del inale con un vessillo profanato dalla tradigione, a disseppellire speranze già disdette dall’amara scuola della esperienza, mascherando ancora di torpore la causa italiana, causa che oramai ha bisogno della schiettezza così della parola come dell’azione. Imperciocché è mestieri che i popoli si persuadano come per la via del male non è fallibile raggiungere il