388 Le dolci parole libertà, indipendenza, suonando in ogni bocca infiammino i generosi ed atterriscano i vili nemici; nè mai per loro abbia a proferirsi la parola pace, se pur gl’ iniqui patteggiassero con infingarde ed astute lusinghe. Nel Lombardo-Veneto 11011 deve più risuonare accento tedesco e l’Italia allora respirerà di nuova vita, chè facilmente le popolazioni potranno sovranamente abbattere qualunque altro despota interno, che mal s’opponesse all’unificazione della tanto contrastata italiana nazionalità. Di troppo c’illudemmo fimo ad ora, nè più è tempo d’illuderci, dacché i principi d’accordo congiurarono contro i popoli. Mentre si ciancia qua e là nelle diverse Assemblee dell’ Europa^ i vecchi oppressori rispondono coi cannoni e colle baionette ai giusti de-siderii dei loro governati, alle ragionevoli inchieste di chi si fa organo della pubblica opinione. Dalle sponde del Reno a quelle del Mediterraneo, dalla Moldava al Faro, dal Danubio al Lilibeo tuonò tremendo il cannone contro uomini inermi, piovettero razzi incendiarii e granate su vecchi, e fanciulli, furono mitragliate le genti, quasi fossero sciami d’immonde locuste. Nè quell’ orrendo fragore scosse peranco i popoli, le ruine fumanti degli edilizii, le ceneri dei casolari e dei templi, dei palazzi e dei modesti abituri non scossero peranco dal profondo loro letargo i popoli sonnacchiosi nel turpe servaggio, che si dibattono e fremono contro i crudeli carnefici, ma non sanno peranco strappar loro le armi omicide, facendo trionfare coll’eccidio di essi la causa della libertà e della indi-pendenza delle nazioni. A Berlino, a Vienna, a Praga a Karlovitz, a Parigi, a Napoli, a Treviso, a Vicenza, a Messina, a MelazzO, a Francoforte sul Meno, per tutte le contrade d’Europa furono vomitate palle infuocate e bombe ardenti contro il povero popolo, e tuttora il despotismo sussiste nelle bombardate città, nelle desolate campagne. Guerra dunque, guerra atroce ai tiranni, ai macellai del genere umano, guerra atroce implacabile ai principi e ai re, che fra i paterni loro regali precipuo ritengon la morte, la strage dei miserandi loro sudditi. Nell’ orribile carnificina, che immerge nel lutto gli oppressi, chi è che primeggia, chi ha il vanto principale ne’regi assassini? Ciascun mi risponderà di subito: l’Austria, la nemica giurata, inesorabile della libertà, e la schiatta borbonica di Napoli, obbrobrio dell’uman genere. Guerra dunque implacabile all’austriaca razza, ed alla stirpe esecrata dei Borboni di Napoli, ed Italia sarà salva tantosto; Europa sarà libera alfine; duecento milioni di uomini si stenderanno la destra, appellandosi amici e fratelli. All' armi dunque, all’armi dalle Alpi al mare, dal Cenisio al Lilibeo, per ¡sbarazzare l’Italia dei suoi sicari, per ¡schiacciare lo straniero, per inalberare il vessillo della libertà dei popoli sulle vette eccelse del Campidoglio. Il barbaro austriaco piantò il teatro delle sue carnilicine nel cuore delle provincie lombardo-venete, e 25 milioni di abitanti muti c quasi impassibili riguardano allo strazio crudele di tante vittime, clic gemono disperate, gridando vendetta.