126 gionata nell’infecondo splendore de’«noi palagi, bastò sola per tre mesi a mantenere un governo, una flotta, un esercito. Ma oggimai, nè l’ingegno più acuto, nè la più incrollabile volontà potrebbero spremere altro denaro dall’esausta popolazione. L’obolo del povero e i tesori del ricco, i doni della carità e le tasse forzate, i risparmii del passato e le aspettazioni delPavvenire, tutte infine le forze economiche di Venezia furono ingoiate da questo vortice della guerra, incessantemente aperto. Ventimila soldati e duecentomila cittadini chiedono di combattere, chiedono di patire ancora : ma è vicino il giorno in cui la penuria di denaro potrebbe conchiudere questo gran moto italico — come se fosse una ignobile commedia — con un fallimento. Italiani! non vJha scelta, nè indugio possibile: chi non paga l’imposta nazionale per soccorrere Venezia, vuole la mina, vuole l’infamia d’Italia. — Tre milioni ogni mese bastano ad assicurare Venezia, e con Venezia, il pegno più prezioso della nostra indipendenza; sia che questa debba riconquistarsi coll’armi, o che debba patteggiarsi colla diplomazia. Tre milioni d’italiani si tassino volontariamente: una lira al mese basterà ad assicurarci per sempre quel formidabile campo fortificato, che minaccia alle spalle l’Austriaco mal sicuro delle sue conquiste, finché 1000 cannoni e al forti difenderanno la bandiera Incolore, e domineranno le foci di tutti i fiumi dell’Alta Italia. E non si troveranno in Italia tre milioni di cittadini, che vogliano con sì lieve sacrificio ottenere un beneficio sì grande? Chi si rifiuta a soddisfar l’imposta nazionale per Venezia, ha pronunciata la sua condanna, ha disertato vilmente la causa della patria e della libertà. E a voi, Toscani, si rivolge la deputazione del governo veneto con quell’autorità che viene dal sentimento di una necessità suprema; a voi che avete dato alla causa italiana i martiri più gloriosi e più compianti; a voi che, pel primato dell’idioma, per la soavità de’costumi, per le tradizioni storiche e per la positura geografica, siete il cuore della nazione. La deputazione veneta (pii non venne come supplice a mendicare per una sventura locale, a perorare la causa di una città; venne nunzia di un pericolo imminente e comune; venne a gridarvi in nome d’Italia: o soccorrere subito e largamente Venezia, o perdere per sempre la chiave dell’Adriatico, dell’Adige, del Brenta, della Piave, perdere ogni speranza di una pace sicura, d5una durevole indipendenza. Generosi Toscani! Voi avete già fatti per la causa comune considerevoli sacrificii di denaro e di sangue. Ma noi, vedendo questa splendida città vostra, e i fiorenti convegni dei ricchi, e il popolo più che altrove agiato, e le campagne intatte dal furore nemico; e raffrontando questa vostra invidiabile situazione collo squallore della moribonda Milano e colla fiera rassegnazione dei soldati, che difendono i forti delle lagune, noi troviamo il coraggio di ripetervi: Toscani, voi avete ancora il dovere e avete il potere di pagare l’imposta volontaria, che noi proponiamo a tutta Italia. E voi primi comprenderete e farete comprendere agli altri, che sarebbe atto di popolo veramente libero imporsi per forza di ragione e di amore una tassa, e religiosamente soddisfarla. Toscani! date l’esempio, solvete il doppio debito, che v’è imposto dall’essere Italiani, c dall’essere i più gloriosi c i