440 Come saprete, le dimostrazioni che precedettero la nostra rivoluzione, ricominciarono. Nessuno fuma dal 1.° settembre in poi; nessuno veste elegantemente: ma vedresti le persone più agiate vestite di velluto o di frustagno, alla foggia dei contadini. All’incontro, gli ufficiali si piccano di andar sempre in gran parala. Ma, mentre siedono sui Caffè a far bella mostra di sè e dei loro guanti gialli, il popolo gl’insulta e impunemente, perchè non è possibile impedire a tutto un popolo di esprimere l’odio suo. Se le potenze mediatrici non pensano a fare sgombrar presto il nostro paese da questa canaglia, si rinnoveranno, io temo, sanguinosi conflitti, che potrebbero riuscire forse di danno a noi, certo di impaccio alle trattative. Giacché l’esasperazione non è solo nella città, ma è forse più grande nelle campagne. Le continue requisizioni hanno ormai spogliato i nostri contadini di quanto è necessario alla loro sussistenza; e quanto rimane salvo dalle requisizioni, lo devastano le milizie stanziate nelle campagne, che rapirono ai contadini anche le sementi per l’anno venturo, e persino il grano turco, che quei ladroni divorano verde qual è. La miseria del popolo e la licenza della soldatesca portan poi seco la più grande immoralità nella classe più povera. Vedete dunque che il nostro stato è deplorabile quant’altro mai; e che noi siamo costretti ad aspettare la nostra liberazione, come il reo condannato a morte aspetta la grazia. La Gazzetta di Milano rende conto della solennità militare, con cui il 10 del corrente, sulla piazza d’armi, furono consegnate le medaglie d’oro e d’argento a quei militi che si distinsero nel corso degli ultimi avvenimenti. Il generale russo Jafemowich, portatore dell’insegna di prima classe dell’ordine di San Giorgio per Radetzky, aveva anche recato allo stesso 25 croci di quest’ordine per sottufficiali e soldati; e queste pure furono in tale occasione distribuite. Una salva di 100 colpi di cannone annunziava questa solenne funzione, alla quale però, per quanto appare dalla relazione della Gazzetta di Milano, ch’entra ne’più minuti particolari, e tace su questo, il popolo non prese la più piccola parte. ieri leggevasi sugli angoli della città la seguente protesta: IL CIRCOLO ITALIANO DI GENOVA AL SIG. GEiV. GIACOMO DURANDO. Un popolo che sente la propria altezza, e che ad ogni estremo è parato, anziché veder manomessa la santità dei suoi diritti, non si lascia così di leggieri travolgere, da sofferire che l’arbitrio di pochi, cui l’intrigo fu scala al potere, ferisca impunemente le sue vendicate franchigie. E, in vero, la vostra presenza fra noi, come i tenebrosi poteri di cui vi proclamaste munito, sono anche ai meno veggenti un’aperta violazione alle eggi dello Statuto, sono un nuovo attentato alle interne libertà della nazione.