d so ¿’incertezza in sui mi trovava, mandai a S. M. un indirizzo leale, franco, come fu sempre mio stile; esortava il Re a mostrare la massima energia, ad armare tulio il paese nel più breve termine possibile, e mettersi in istato di poter quanto prima riaccendere la sarita guerra dell’Indipenden-za. Ora ecco quanto rispose in proposito il sig. Salasco; lascio le altre frasi ironiche, offensive, e non cito che il seguente passo il quale solo promosse questa mia dichiarazione che intendo debba pure servire di protesta : » Le attuali conlingenze dello Stato non facendo ravvisare a S. M. » F opportunità di affidare al sig. Generale Antonini un comando, e fatto » riflesso che questo non ne ha ricevuto dal Governo Prov\isorio, prima » nè dopo la partenza da Milano, ne consegue ch’egli è libero di rc-» carsi ove egli crederà di maggiore sua convenienza. « Aon piacque a S. M. affidarmi alcun comando, ed io ho nulla a replicare; ma il riflesso fatto dal sig. Salasco è affatto erroneo, ingiusto ed in parte inconcepibile. Già tenente-colonnello sotto Napoleone, colonnello nelle armate polacche e generale in quelle ultime memorabili campagne della guerra d’indipendenza, al primo giungere in Lombardia fui confermato generale dal Governo Provvisorio con brevetto in data 29 aprile 484-8, e poscia riconfermato con lettera officiale nell’occasione della ferita riportala sotto Vicenza; dal Governo Veneto n’ebbi il comando superiore della città e dei forti di Venezia. A Milano ultimamente da quel Gomitalo mi venne affidata la difesa del Castello, incarico che mi durò pure sotto il Regio Commissario Sardo subentralo al governo Lombardo, sig. Generale Olivieri, dai quale fui innoltre presenlalo a S. M. unitamente agli altri generali. Se questo non significhi essere legalmente riconosciuto, lo potrà giudicare chiunque. Quanto è delto nella sopracitàta risposta di un comando non avuto dopo la partenza da Milano, non può essere intelligibile che al sig. Salasco; la conseguenza dedotta dallo slesso poi è tanto naturale quanto espressa in modo conforme alla convenienza e politezza sociale. Credo dunque poler con ragione protestare per ogni eventualità in avvenire, che finché l’Alta Italia non sarà divenuta austriaca, la mia qualità di Geuerale della quale fui legalmente investito non può «ssere cessata, a meno che me ne fossi reso indegno; il che non può essere; la mia coscienza è pura davanti a Dio ed agli uomini; e sento di aver sempre fatto il mio dovere. Prima di ritornare in questa mia patria, mi adoperai nell’esilio in vari paesi d'Europa a combattere per l’indipendenza delle nazioni; vissi ricco e povero ma sempre onorato; non mai mendicando impieghi e palesando sempre francamente le mie opinioni. Per dura esperienza fatta altrove in consimili circostanze opinai sempre in Italia che all'indipendenza dovevasi tutto sacrificare, non dar luogo a distensioni politiche, ma continuare in allora con tutti i mezzi possibili la guerra regolare sostenendola colla guerra d’insurrezione la più estesa; guerra ho sempre predicato, e non mi stancherò dal ripeterlo sino alla totale scacciata dello straniero. Non mi curo dei tristi e calunniatori. Comunque sia il fatto pel quale io qui mi trovo in non attività di servizio, non ne soffrirà il mio nome, nè meno rette e pure appariranno le mie