315 Vado a spiegarmi, e dimostrare che quel paradosso 11011 è paradòsso, ma racchiude pensiero altissimo, dal quale Torse pendono i destini di quella straordinaria città, e quelli d'Italia a suo tempo. Venezia è città unica, eccezionale, nè v’ ha parallelo a fare tra lei t qualunque altra città del mondo. Finse la favola Venere nata dalle spume del mare; di Venezia dir forse si potrebbe con più ragione, che nata fòsse dalle spume d«41’Adriatico. La sua natura è tutta marittima; essa è la figlia del mare. Essa è per certo città italiana, anzi eminentemente italiana, ma prima d'esserlo fu la città della laguna, la regina sposata al mare, e non si tosto cessò d’ esserlo, e si fe¿potenza territoriale, la sua favolosa prosperità spari come per incanto. A tornar grande, prospera, possente, convien dunque che essa si ritemperi nel suo principio, convien che torni ad essere la figlia del mare, in una parola che Venezia torni ad essere Venezia. Si consulti infatti la sua storia. Quando toccò essa 1’ apice della sua gloria, della sua grandezza ? Allorché Padova, la città di terraferma a lei più prossima, per non parlare di Vicenza, di Verona e della marca trevigiana, era non solo libera, ma di per sé stessa possente. Venezia allora cuopriva i mari colle innumerabili sue galere, ed attirava coi suoi vascelli nel suo seno le ricchezze dello sconosciuto Oriente: il suo Dandolo espugnava l’orgogliosa Bisanzio; ed i suoi condottieri sottomettevano al temuto nome di San Marco le città d’Istria, di Dalmazia, le isole Ionie, Gandia, Morea, Negroponte : la Cornaro iacea presente alla Repubblica del regno di Cipro. — Priva pressoché d’ un palmo di suolo sulla deliziosa terraferma italiana, se ne slavano le ricche sue famiglie nelle sue isolette concentrate, e i suoi patrizii non altrimenti che i gioiosi suoi barcaroli, nascevano e seppellivano, per così dire, le mortali loro spoglie nella materna laguna. Grandi e piccoli, ricchi e poveri, patrizii e plebei, tutti eran dunque uomini di mare per necessità; la conservazione d’altronde delle lontane colonie, e il commercio, unica fonte di ricchezza, necessitava a curare della marina, e non altro che della marina. Così, e non altrimenti, salì Venezia al meraviglioso posto che tenne fra le potenze marittime, prodigio del suo tempo, vera Inghilterra del suo secolo. Basterebbe il gigantesco suo Arsenale, quand’ anche perisse l’istoria, per deporre ai posteri ciò che Venezia fu. Acquistate le provinole di terraferma, le cose cambiarono^ e Venezia, latta potenza continentale, cessò poco a poco di essere la regina dei mari, ed ecclissarsi vide il suo splendore. Le ricche famiglie venete trovarono più dolce d’ abitare le deliziose rive della Brenta, e di godersi il rezzo degli Euganei, più tosto che la monotona laguna : deserti restarono i marmorei stupendi palagi, che fanno di Canal-grande una delle maraviglie del mondo; gli sludii marittimi furono dimessi; trasandate le flotte; non curalo il commercio; le colonie, abbenchè gagliardamente propugnate, "»a ad una perdute: miserabile compenso a tanta potenza, a tanto splendore, s’ ebbe la terraferma sino ed oltre all’Adige. Con quella languì \ e-uezìa lungamente: die’segni portentosi di vita, è vero, allorché, combattuta quasi da Europa tutta congiurata, non disperò della salute della Patria. Ma fu breve fiammella quella che illustrò le ultime pagine delia